mercoledì 13 gennaio 2010

Il vecchio Alex

Settimane fa stavo sistemando vecchi libri al piano superiore di casa mia, nella camera da letto di mia sorella che ora è rimasta vuota perchè non abita più con noi in pianta stabile. Come in un gigantesco Tetris, stavo cercando di sistemare al meglio gli scatoloni che avevo riempito solo qualche ora prima con tutte le cose che si erano stratificate nella mia camera, prima di fare "tabula rasa" e dipingere tutte pareti di bianco. Stavo letteralmente ammassando tutta quella roba, quei libri, quelle foto, quei ricordi, e solo ora mi rendo conto che a distanza di 2 mesi ormai, quelle scatole di cartone si trovano ancora là, non le ho più toccate. Ad un certo punto mi soffermo a guardare i libri che mia sorella conservava gelosamente sopra due mensole vicino la scrivania. Mi incuriosisce un libro in particolare, dalla copertina grigiastra, un po' impolverato e con le pagine ingiallite dalla "patina del tempo" per usare un termine molto caro ai restauratori.
E' un libro di Enrico Brizzi, il suo libro d'esordio se non ricordo male, che si intitola
"Jack Frusciante è uscito dal gruppo".
Non l'ho mai letto fino in fondo, mi son sempre fermato ad un certo punto.
Forse quando iniziai a leggerlo ero troppo giovane, troppo scostante o solo distratto, chi lo sa.
Non parla dei Red Hot Chili Peppers, non parla del chitarrista John Frusciante che inaspettatamente abbandona la band proprio nel momento in cui esce il loro primo album di successo,
"Blood Sugar Sex Magik". Parla del "vecchio Alex", studende diciassettenne che si innamora di Aidi, una giovane ragazza che abita sulle colline nei pressi di Bologna. A quanto mi par di ricordare è una bella storia d'amore. Molto coinvolgente, molto toccante fra questi due adolescenti alle prese con un sentimento nuovo, un sentimento grande, puro, autentico come l'amore.
Riapro le pagine, sfogliando il libro con un po' di sufficienza, non ricordando il motivo per cui non abbia mai avuto il coraggio di finire di leggerlo.
Eppure la scrittura di Brizzi mi impressionò molto. La mancanza di attenzione alla punteggiatura, ai rientri e ai capoversi, alle maiuscole, l'uso sfrontato dello slang...alcuni studiosi la definirono (come scoprii l'ultimo anno del liceo guardando in fondo al libro di storia della letteratura alla voce "Enrico Brizzi") come
un'anarchia linguistica data la "scarsa propensione dell'autore al rispetto della consecutio temporum".
Troppo artificiosa come definizione, troppo ingessata, troppo accademica.
Non l'ho mai condivisa ed ora ne son ancora più convinto.
Sfogliando il libro leggo piccoli brani, qualche frase qua e là e mi rivedo in molti episodi, inizio a fare i miei trip mentali, mi immedesimo, divento l'alter ego di Alex "il vecchio", solo con qualche anno in più. Mi appassiona l'attenzione ai particolari, anche quelli insignificanti (a qualcuno fischieranno le orecchie adesso mi sa..) e mi sento bene, sento che vorrei vivere anche io quelle sensazioni. Quelle frasi su quel libro ingiallito sembrano veramente estrapolate dalla mia vita, dai miei giorni. Mi fanno l'effetto di un deja-vu. Mi parlano di quotidianità, di un rapporto speciale, unico, appagante, nuovo, con una persona inaspettata, con la mia Aidi.
Un esempio?
"...perchè ridi? mi fa. Perchè sono contento, credo. Le ho risposto questo. Anche lei ha riso e mi ha fatto una specie di linguaccia.."
Neanche a farlo apposta "sembra" successo ieri o qualche ora fa.
Coincidenze? Sì, potrebbero essere solo delle coincidenze, però mi piace pensare che non lo siano, che sia stato il destino a farmi ritrovare e poi leggere nuovamente le righe di quel libro.
Per una volta vorrei vedere il bicchiere mezzo pieno invece che mezzo vuoto come mi ha consigliato qualcuno, dimenticando tutti quei pensieri, quelle "paranoie"che ti portano solo ad essere solo, infelice.
Almeno una volta, questa volta.
Soprattutto perchè, come è scritto a pagina 43
"bisogna aver molta cautela con chi è felice"

:)



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