domenica 28 febbraio 2010

Buon viaggio Aidi

Davanti al PC, con una tazza di caffè fumante in mano, sono qui ancora una volta, a scrivere quello che mi passa per la testa. Come sottofondo suona "Just say, Just Say" di Marvin Gaye e Diana Ross, con quell'intro così morbido e rilassante che quasi mi strappa una sensazione di pace.
Mi ritrovo a scrivere ma non so bene ancora cosa scrivere, come al solito vado di getto.
Non c'è un modo facile per dire certe cose, l'ho capito bene da qualche mese a questa parte, quindi lo dirò e basta.
Volevo solo dire "Ciao", un saluto che in un frangente diverso, circa 24 ore fa, non ero riuscito a fare, almeno non come mi sarebbe piaciuto.
Mi sarebbe piaciuto averlo detto come il vecchio Alex nel libro.
Perchè avrete capito che alla fine, proprio come nel libro, Aidi è partita per l'America, la sua America.
Ed ora il nostro Alex?
Alex si rialzerà, anche se è la prima volta che gli è capitata una cosa così.
E' nato qualcosa di così puro e speciale, qualcosa di insperato e inatteso, con quella complicità fatta di sguardi e di parole non dette, come accade nei migliori film o in certi libri. E mi piace pensare che che in quel momento la vita li aveva fatti incontrare, quasi fossero due persone fuori dal tempo, troppo avanti per il passato, troppo indietro per il futuro: c'era solo il presente, il freddo, le luci, le carezze, i baci, gli sguardi, i rintocchi del campanile in lontananza.
Invece Alex ora dentro ha un senso di vuoto, conosce la persona che lascia, con tutti i pregi e i difetti perchè, si sa, ognuno di noi è il risultato ciò che è stato prima e ciò che sarà un domani.
...Quindi ha ancora una volta ha gli occhi lucidi per l'enorme velocità?
Sinceramente non ve lo so dire, sarà che forse di lacrime non gliene sono rimaste molte dopotutto.
E so per certo che Aidi ora capisce come sta il vecchio Alex, per il semplice fatto che lei riusciva sempre, e riesce tuttora, in qualche modo a capire, a guardare, a leggere dentro nel suo cuore.
E da un lato Alex vorrebbe avere un segno, anche minuscolo, da parte sua, di tutto ciò, quasi una dimostrazione, un segnale che fra loro non è terminato tutto ma che sono diventati "compagni di strada", proprio come nel libro: ma in cuor suo Alex sa che è molto probabilmente tutto ciò non arrivi.
Perchè al nostro è sempre capitato così in precedenza, in passato, in altre situazioni: forse è solo per non dover soffrire o una volontà di non pensare ancora lui ora che lei, finally, sta vivendo la sua America, in tranquillità, assieme alle due persone di cui parlava spesso e che veramente le stanno a cuore, con cui ha ricamato nel corso degli anni un legame così forte che nessuno spezzerà.
Buon per lei e per le due persone che le staranno vicino: sono sicuro che si meritano più di Alex quel posto, un posto non solo fisicamente vicino a lei, con la fortuna di vederla crescere giorno dopo giorno ma, soprattutto, un posto nel suo cuore, per sempre.
E Dio solo sa quanto il nostro vecchio Alex vorrebbe essere nei loro panni, anche solo per un solo giorno, per ricevere ancora quelle attenzioni ed essere contagiato da quelle vibrazioni che certi giorni sembrano irradiarsi tutt'intorno a lei.
"I'll trade all my tomorrow for a single yesterday", come cantava Janis Joplin.
Sì, lei è così, non c'è nulla da capire o da spiegare.
Il bello di Aidi è anche questo e Alex ha capito.
Anche perchè solo Alex e Aidi sanno come stanno le cose fra di loro.
Spero comunque Aidi abbia capito che, nonostante le loro strade ora si allontanino di un po', questo di cui scrivo non è di certo un "addio", ma solo un "arrivederci" a quando lei sarà ritornata dalla sua America, a quando avrà ritrovato la sua peace of mind, come canta Anthony Kiedis dei RHCP in quella canzone, "Soul to squeeze" postata giorni fa dopo aver sentito Aidi, proprio quella volta in cui Alex ebbe l'impressione che lei stesse lentamente gocciolando via dalle sue mani.
Buon viaggio, allora.
Il vecchio Alex oggi rimarrà sdraiato sul letto, a leggere quel libro che ha quasi divorato in 2 giorni, uno dei due presi in libreria, assieme ad una copia di quel libro fatto cadere dalla signora, ovviamente. Mica potevo lasciarlo lì.
Il sorriso non c'è ancora sul suo viso, si è scolorito da una decina di giorni ormai, è rimasto intrappolato, inghiottito dal susseguirsi incalzante degli eventi.

E poi, forse, perché magari sta pensando che dei due pirati, adesso, qualcosa è come stesse andando un po' via per sempre.
Sapete come ragionano certi ciclisti sentimentali, alle volte.

venerdì 26 febbraio 2010

Come un romanzo.

Un venerdì come tanti altri.
Mi sveglio con una sensazione strana, che non mi so spiegare, o forse sì, ma non voglio dirla.
Bevo frettolosamente un tè sbiadito.
Jeans.Felpa. Giacca. Sciarpa.
Mi butto in macchina quasi a peso morto.
Cheppalle.
Si parte.
Vorrei la musica nelle orecchie, la mia musica.
Quella che anestetizza, quella che sembra capirti e che mentre la ascolti ti fa muovere le labbra come un pesce.
Quella.
Invece sento solo jingle da centro commerciale o musica da quattro soldi.
Cresce un senso di fastidio per un risveglio così.
Sembra che ci siano giorni in cui il destino rincara la dose.
Calma.
Arrivo e mi rifugio in una libreria, con la speranza di essere ingoiato da qualche pagina e da qualche riga.
Una signora vicino a me fa cadere un libro.
Uno di quelli che il nostro non ha mai letto ma che in molte han letto.
Lo prendo per rimetterlo nello scaffale ma quella foto lì in copertina mi ricorda una scena già vissuta, e ripercorro anche mentalmente i commenti fatti a proposito.
Spulcio un po', leggo qualche frase a caso poi mi imbatto nel capitolo 9.
Non ci credo, qui mi si sta prendendo in giro.
Il destino rincara la dose.
Ancora.
Resto a bocca aperta già solo al titolo, figuriamoci a leggerlo.
Mi sento strano.
Vorrei poter dire a qualcuno di tutto questo.
Invece, sono completamente afono.
Mi mancano le parole.
E nella testa già friggono le sinapsi.
Non devo lasciarmi andare.
No non qui, non ora.
Non adesso.
Non così.
E uscendo in fretta e furia dalla libreria, quasi a voler intrappolare fra le righe certe sensazioni, cerco di pensare solo ad una cosa.
Proprio come era scritto su un libro che ho letto ormai tanti anni fa.
Se continua così.
Sarò per sempre senza risposte... E ben presto senza domande.

mercoledì 24 febbraio 2010

As usual

Era da tanto che non scrivevo di notte.
Non pensavo di riuscire a scrivere stasera, invece eccomi qui, luce soffusa, io seduto sul letto, sotto una pesante coperta che mi preme sulle gambe, con lo sguardo un po' corrucciato e illuminato dalla sterile luce dello schermo lcd del mio portatile, nell'arduo tentativo di mettere quattro frasi di senso compiuto in fila, febbre permettendo, ovviamente.
Più facile a dirsi che a farsi.
Sarà questo colpo di coda dell'influenza che mi ha sorpreso prima del week-end.
Sarà che ho un po' di casino in testa da qualche giorno.
Sarà che in questi giorni è successo tuttoeilcontrarioditutto.
Sarà che mi sembra aver perso dei passaggi fondamentali in questi giorni ed ora non so come gestire certe situazioni, certe relazioni, perchè come dice il buon John Mayer "half of my heart's got a grip on the situation, half of my heart takes time".
Sarà che non mi aspettavo una cosa del genere.
Sarà che come al solito avrò sbagliato qualcosa.
Sarà.
Sarà ma sono stanco di questa situazione paradossale post laurea, in cui le uniche certezze sembrano essere l'ora del pranzo e della cena. E per una volta ringrazio quelle quintalate di parole che ho versato sul piatto con i miei dopo cena, anche se con la mia costante incapacità di sintesi, pochi concetti, molte parole, as usual.
Si perchè oggi ho realizzato che domani mattina vorrei svegliarmi ancora con il sorriso, e lasciare fuori le situazioni che non capisco e che mi annebbiano la mente, ora come ora.
Anche perchè un passo alla volta ogni pezzo tornerà al suo posto. Credo. Spero. Sì insomma dai, avete capito.
Quindi da domani prenderò il toro per le corna, da domani inizio la mia corsa verso il futuro.
Dove mi porterà non lo so ancora e sinceramente adesso non mi importa. Di programmi, il nostro, non ne fa più, l'ho già detto più volte, anche se poi chiunque leggerà tutto questo, capirà quello che vuol capire e tirerà le sue conclusioni.
Sinceramente sono stanco di aspettare un domani che non arriva mai.
Come dice uno dei miei scrittori preferiti, il futuro devi "aggredirlo appena affacciato il muso preoccupato fuori dalla tana".
E sia allora, non mi tiro indietro.
Perchè non vorrei avere rimpianti un domani e tanto meno voglio entrare in un vortice di pessimismo cosmico leopardiano in cui l'infelicità è parte integrante del genere umano in quanto tale. No, assolutamente no, non ci credo. Anzi resto convinto del contrario, devo iniziare a vivere la mia vita per essere felice, invece mi sono lasciato condizionare da troppe cose, as usual.
E poi, detto fra noi, non voglio iniziare a "smollare" proprio sul più bello, proprio dove si deve iniziare a fare sul serio. Perchè se ci penso mi viene in mente che ci sono persone che lavorano tanto ad una cosa o ad un qualsiasi progetto, per anni e anni, magari senza avere molte soddisfazioni e poi, quando questa cosa che han messo in piedi sta per compiersi, se ne vanno un attimo prima del successo che li avrebbe consacrati, che li avrebbe ripagati dei sacrifici fatti.
Come è successo a John Frusciante dei RHCP, per esempio.
Oppure al designer della bottiglietta della Coca-Cola, la bottiglietta Contour per capirci, quella di vetro, che dovrebbe richiamare una silhouette femminile. A proposito, mi è venuto in mente questo piccolo aneddoto proprio oggi, dopo aver visto il nuovo spot della celeberrima bibita in tv. Si dice che l'azienda produttrice Coca-Cola avesse chiesto al designer se voleva essere pagato con un'unica somma di danaro, "tutto e subito" quindi, oppure con una parte della somma che gli spettava e l' 1% di ogni bottiglietta venduta. Ma visto che l'azienda era agli inizi, lui rispose che "quella roba nera lì non si sarebbe mai venduta" e che voleva tutto e subito.
Le considerazioni sul destino e sul futuro in questo caso si sprecano.
Però credo che non si possa pensare al futuro se si è continuamente zavorrati dal passato anche se sarebbe più comodo stare aggrappati inesorabilmente a quello che abbiamo adesso.
Ma ad un prezzo piuttosto alto secondo me: senza mettersi in gioco e senza poter cogliere certe occasioni.
Perchè si sa: quello che non si conosce, inquieta.
E lo so che qualche post fa suggerivo di vivere il presente senza pensare al futuro ma a vivere un presente così mutevole ed incerto, oggi io non mi ci vedo molto.
Perchè se ho capito qualcosa in questi giorni è che, a mio modestissimo avviso, è inutile continuare a rimandare, inutile restare all'interno "del cerchio che ci hanno disegnato attorno" (o che inconsciamente ci siamo disegnati noi, da soli) e non avere la forza di saltare fuori, a scapito di quello che veramente siamo, di quello che vogliamo, del nostro Vero Io, della nostra Personalità e, perchè no, della nostra Felicità.
E limitarmi a restare seduto sulla banchina di cemento a fare "trainspotting", come facevano Sick Boy,Renton, Tommy e Spud nell'omonimo film, non fa per me.
Solo che questa non è una storia scritta da Irvine Welsh, non si tratta di dover fare una scelta tra vivere alla giornata o mettere la testa a posto per conformarsi alla società.
Qui si parla di vita reale.
La mia vita.
Si tratta di scegliere fra la vivere una vita vera o sopravvivere con il pilota automatico inserito.
As usual.

lunedì 22 febbraio 2010

I'll be back

Chiedo scusa per non avere scritto in questi giorni, la volontà c'era pure, le cose da dire non mancano solo che fra questo malessere fisico che mi attanaglia da sabato mattina e anche un po' confusione mentale, proprio non ce la faccio a scrivere, le frasi non s'infilano l'una all'altra. E di cose da scrivere ne avrei ma penso di aver speso anche troppe parole in questi giorni, quindi meglio lasciare sedimentare un po' i pensieri e le parole.
Anche perchè credo che faccia più rumore chi sta zitto.

martedì 16 febbraio 2010

What's the story...

...Morning glory?
Beh non è di certo il significato british di morning glory (...) a cui probabilmente si riferivano gli Oasis nella loro canzone, però questo titolo ci sta bene lo stesso secondo me perchè mi viene da pensare che mattinate, certi giorni, certe storie ogni tanto facciano bene allo spirito.
Sì perchè almeno questa mattina, nonostante sia stato bersagliato dalla consueta raffica di domande post sveglia, nonostante tutto quello spargimento di parole, un altro motivo (oltre al solito persistente sorriso) per far svoltare un po' la giornata c'era, era proprio lì, sul tavolo della cucina.
Premetto che ho un bel rapporto con la mia famiglia, per carità, solo che a volte mi sembra di essere troppo al centro dell'attenzione, soprattutto ora che son tornato a vivere "in pianta stabile" (anche se non so per quanto..) a casa, con i miei, dopo 6 anni di laguna.
Vi dirò che di primo acchito, tornare a casa non è stato facile, non perchè non stia bene fra le mura domestiche, anzi, forse era un po' per la passata situazione sentimentale che mi stava spegnendo l'entusiasmo post laurea, la presenza marcata dei miei genitori in casa, i loro ritmi così diversi dai miei, la loro necessità di programmare tutto, la mia necessità di non programmare più nulla. Da un lato le loro abitudini da chi vive una vita tranquilla e le mie "inquietudini" da 25enne, la mia totale mancanza di orari durante la giornata dall'altro. Insomma, due punti di vista diametralmente opposti con poche occasioni di contatto. Ma ormai ci siamo "addomesticati" a vicenda, quindi ormai loro non fanno più caso se esco alle 1 a.m. o p.m. e da questo punto di vista mi vien da pensare 'meglio così', anche perchè con o senza il loro benestare penso che farei comunque di testa mia! Quindi era normale che un giorno sì e uno no pensavo di cambiare aria, anche se alla mia famiglia voglio un bene spropositato, davvero. Ed ancora un pizzico di quella voglia di cambiare c'è, non so come, non so quando, ma quella voglia di essere un cittadino del mondo sta scalpitando!
Chiusa parentesi.
Comunque stamattina appena sveglio e riemergo dal piumone, dopo qualche minuto mi ritrovo seduto al tavolo della cucina a piegare gli inviti per il matrimonio di mia sorella, a fare prove di fiocchetti e fiocchettini, a parlare di tutto quello che è stato prima che si arrivasse a questo punto così importante per lei e per la sua vita. Ed io lì, appena alzato dal letto ad ascoltare millemila parole, a sentire tutte le varie storie, con la testa bassa a piegare quella montagna di biglietti, pensando che in fin dei conti sono proprio felice per lei, e son pure un po' emozionato, dato che dovrò farle da testimone...Tanta roba insomma!
Ogni tanto mi perdo pure a scorrere la lista degli invitati, scritta in 3 fogli A4, con un carattere di dimensioni microscopiche per far finta di aver invitato poca gente e poi via, ancora, a suddividere in tante pile gli inviti destinati a parenti, amici, colleghi di lavoro...la maggior parte non so nemmeno chi siano, quindi ogni nome pronunciato diventa occasione per qualche aneddoto, o per un breve racconto.
Sì esatto, l'ennesimo breve racconto, ora che ci penso.
E intanto, però, passano le ore a suon di aneddoti.
E poi all'improvviso, scorrendo la microscopica lista mi rendo conto che ho un invito anche io da mettere da parte, sì perchè c'è un nome scritto a penna direttamente da mia sorella, accanto al mio.
Ma ormai si è fatto tardi per potervi descrivere al meglio questa fantastica scoperta, anche perchè 5 minuti non basterebbero.
Come disse una persona, mi conosco, so 5 minuti cosa significa e sono sicuro che mi dilungherei troppo.
E poi questa è un'altra storia. Tutt'altra storia.

:)

giovedì 11 febbraio 2010

f.f.f.

A dire la verità quando ho iniziato a scrivere questo post volevo parlare d'altro, di sentimenti come sempre, di una persona speciale, ma poi si sa, troppe attenzioni sono piacevoli ma volte destabilizzano, nel senso buono del termine, soprattutto se in precedenza era la persona speciale a fare queste cose piuttosto che riceverle. Strana la vita eh? A qualcuno le orecchie fischiano già!
Quindi mi metto a sfogliare vecchie carte, disegni, appunti, esami universitari e ricordi di quella vita veneziana vissuta velocemente, sempre alla ricerca di un equilibrio fra i mille impegni di un giovane ventenne che lascia la città per la laguna. E mi ricordo che molte volte mi sembrava di non avere il tempo per far nulla di più, mi prendeva quel senso di ignavia, proprio come i dannati che il Sommo Poeta trova nei gironi infernali (non chiedetemi in quale girone che qui si rischia uno scivolone letterario bello e buono): se non vado errato, gli ignavi erano coloro che nella vita si sono sempre adeguati alle situazioni, senza avere idee proprie.
"Mancanza di volontà e di forza morale" suggerisce il buon caro dizionario Devoto-Oli. Ecco a volte mi sentivo così. Chiusa la parentesi veneziana, vengo al dunque.
Annaspo fra i vecchi appunti e mi ritrovo in mano una foto che ho fatto io, proprio in quei giorni. Più che una foto è una stampa in A4, l'originale è nel PC visto che l'ho fatta con la mia digitale marcia. Non è di Venice, non ci sono io, apparentemente non significa nulla. E' la foto di un peperone. Sì io che odio i peperoni (chi mi conosce lo sa) ho fotografato un peperone.
Poi mi ricordo il perchè di quella foto. Era per l'esame di storia della fotografia. E come mi capita spesso, mi sono accorto solo a distanza di tempo di quanto quel corso mi abbia dato, in termini di comprensione della realtà, d'ispirazione, di conoscenze.
L’esercitazione proposta dal docente consisteva nello scattare alcune immagini basandoci sui principi e sui soggetti rappresentati da un fotografo a nostra scelta: io scelsi di rifarmi al fotografo statunitense Edward Weston. Perchè proprio a lui? Mancanza di idee? No. Per comodità? Forse. Per il suo approccio alla fotografia? Ecco, penso di sì. Perchè per chi come me ha studiato architettura, la fotografia diviene uno strumento d'indagine, assimilabile al disegno, in cui la comprensione visiva e spaziale è affidata allo scatto e questo, al di là della meccanicità del gesto, è in realtà un percorso di conoscenza, di interpretazione critica del mondo che ci circonda.
E la vita e soprattutto le foto di Weston ne sono la prova tangibile.
Per lo più sono foto astratte ma l'astrazione tipica di quelle fotografie non implica una perdita di realtà, ma un'estrazione (dall'inglese "abstract": estrarre), una concentrazione di elementi comuni nella tensione verso un valore universale della forma, e quindi della vita. Perché per Weston la forza della vita è racchiusa nella forma. Con la strategia condensata nella sigla "f. f. f." ("form follows function", la forma segue la funzione), tentò di esprimere la vita nella sua totalità: ovvero che la natura offre già forme create e selezionate,"ready to use", pronte per essere colte dall'intuizione dell'artista o di chiunque di noi.
La macchina fotografica, quindi, agendo come una specie di microscopio, permette alla cosa in se stessa di rivelarsi più di quanto l'occhio umano possa vedere. Ma la rivelazione non è, secondo Weston, un'interpretazione dell'artista, che sarebbe un'imposizione deviante della sua personalità, né il riflesso di un simbolismo, quanto l'unione spontanea e necessaria del porsi della cosa, sempre elusivo e talora irripetibile, con la percezione dell'artista e la prontezza della sua tecnica coordinata alla percezione.
Perchè ho scritto tutto questo? Beh perchè in fondo io, a queste cose, ci credo davvero.
Credo che esistano delle forme "ready to use" in molti aspetti della nostra vita, sta a noi coglierle.
Con o senza la macchina fotografica, non importa.
Conta la nostra predisposizione a cogliere certe forme, a capire certe sfumature, a capire cosa importa davvero per noi in quel momento.
Non sono amante delle affermazioni latine ma questa sembra riassumere un po' tutto il discorso, dai tempi in quel di Venice fino alla fotografia di Weston. Dal nostro a chi ha avuto la forza di leggersi tutto sto papiro.
Da Davide a ...
"Carpe diem, quam minimum credula postero".
Vivi il presente non pensando al futuro.

:)


domenica 7 febbraio 2010

Sunbeams from a perfect day

Non sono metereopatico, almeno credo.
E' pur vero che nel post precedente ho detto che le giornate grigie mi spiazzano ma al contempo è vero che giornate con un clima così, con quel sole che timidamente freme ed inizia a scaldare un po' la pelle rattrappita per il freddo, con quel cielo azzurro con qualche nuvola qua e là, beh tutto sembra diverso.
E inizi a percepire qualche colore in più rispetto a qualche giorno fa, poni un'attenzione diversa anche ai cromatismi, agli accostamenti di colori e, nonostante mi trovi in un paesino ai piedi di una vallata che tossisce per lo smog e per i fumi delle industrie, oggi sembra tutto più pulito, più acceso, quasi più vivibile insomma.
Tutto sembra diverso, mi par di vedere le cose sotto una prospettiva nuova oggi.
Picasso una volta ha detto che i colori, sono come i lineamenti del viso: seguono i cambiamenti delle emozioni. Non fa una piega, in effetti è proprio come dice lui.
Quindi, se è vero quel che dice il buon Pablo, il fatto che veda tutto sotto un'ottica diversa non è dovuta al fatto che effettivamente sia cambiato qualcosa nell'ambiente che mi circonda.
Forse sono cambiato io, forse qualche ora passata al freddo della notte a parlare con una certa persona mi ha fatto bene, decisamente bene perchè ora vedo tutto in maniera diversa, quella prospettiva cupa che si era delineata qualche mese fa penso sia andata persa.
Per una volta mi sento soddisfatto di aver "perso" qualcosa, strano ma vero. Sorrido. E mi sento meglio, molto meglio.
Sento di aver ritrovato una parte di me, "il lato B" di cui parlavo nello scorso post.
Quindi vuoi vedere che quei timi raggi di sole stanno aiutando a sciogliermi, a "svernare" un po', a lasciare alle spalle un momento un po' delicato per guardare con serenità al futuro?
Lo spero fortemente, anzi, a 'sto giro ci credo davvero.
Nel mio iPod passa "You Give Me Something" dei Jamiroquai, non la sentivo da un po' di tempo ora che ci penso. Eppure ce l'avevo nel lettore dal 2002 circa. Altra coincidenza?
Il beat è molto funky e piacevole da ascoltare, il nostro l'aveva valutato con 5 stelle in effetti.
Ricordo ancora qualche pezzo del testo e lo canticchio tra me e me.
Anche qui ci son dei raggi di sole..."Like the sunbeams from a perfect summer day".
E mentre mi diletto "ad imitare" il mitico JK, fin dalla prima strofa mi scatta inconsciamente un sorriso, di quelli che non danno tregua.
Solo arrivato al ritornello mi rendo conto del perchè di quel sorriso "inconsapevole".
"You, you give me something, something that nobody else can give".

:)

martedì 2 febbraio 2010

Il Lato B

Giornata plumbea oggi.
Mi spiazzano sempre giornate così perchè sembrano poterti dare la possibilità di fare tutto e niente. Dopo una giornata trascorsa dentro e fuori di casa, con la testa fra le nuvole, con quel motivetto che canticchio quasi inconsapevolmente e l'orecchio teso in attesa di sentire ancora una volta la suoneria tritòno del mio cellulare, mi ritrovo davanti al PC, a picchiettare su questi tasti.
Magari non scriverò molto questa volta ma il fatto di (ri)scrivere certe cose è anche legato al ricordo di certi momenti e di questi giorni, da questo punto di vista, mi va di lusso.
La testa è leggera. (...quando meno me lo aspetto eccolo il tritòno! :) )
La testa è leggera, dicevo. E la mente corre spesso all'indietro ultimamente, negli ultimi giorni e nelle ultime ore. Sarà ma mi tornano in mente date, numeri, parole, coincidenze, sovrapposizioni, canzoni, libri, insomma cose che pensavo di non ricordare più.
E sono quasi stupito di tutto ciò. E' come se avessi scoperto o meglio riscoperto il "lato B" della vita. Il lato di me stesso che mi completa, che mi rende finalmente me stesso. (tritòno :) )
Quindi niente a che vedere quindi con il celeberrimo "lato B" delle aspiranti miss italia.
E' come il lato B di una musicassetta o di un vinile. Solo che non è il lato peggiore o meno importante, come accadeva nei vecchi dischi. E' uguale tanto quanto il lato A, ma meno immediato, meno facile da interpretare. E' latente, insomma, ma ugualmente presente.
Ed ha sempre un certo spessore, molto soggettivo ovviamente.
Quindi mi ritrovo qui nuovamente, a scrivere di me stesso, ad analizzare quello che sento e che mi succede, per cercare di mettere in fila certe sensazioni, quasi come se nello scriverle riuscissi a fissarne per sempre il ricordo. Anche se so perfettamente che certe cose, certe scene, certe luci, certe parole non le scorderò mai. (tritòno, fatalità :) )
"Credo che tutto ti ricordi qualcosa" è il titolo di un racconto di Hemigway, se la mente non mi inganna. Lo devo aver letto diversi anni fa ma, come spesso capitava, l'avrò sicuramente letto troppo superficialmente ed ora, titolo a parte, a dirla tutta, non so di cosa parli esattamente quel racconto. Ma è il titolo che mi interessa.
Tutto ti ricorda qualcosa.
E a pensarci bene, è proprio così.
A volte è un oggetto, forse un libro, un regalo, una foto.
A volte è un qualcosa che senti dentro o forse solo una sensazione che senti sotto le dita, come quando passi la mano sopra ad un oggetto, sopra una certa stoffa.
A volte è un profumo che ti inebria e ti rapisce.
A volte è una musica, una melodia, un testo di una canzone che sembra parlare di te.
A volte, però, è solamente un girare attorno a se stessi, un ritrovarsi nelle cose importanti per noi, che ci hanno fatto diventare chi siamo oggi e che, in alcuni casi, dicono pure chi sono, da dove vengo e dove vado.
Dove vado precisamente ora non so, ci sono troppe variabili da considerare e poi certi programmi, almeno per un po', non voglio più farne. Non perchè non li abbia, ma solo per una forma di autodifesa per me e per le persone che ho attorno, per non soffrire ancora.
Piuttosto si tratta di capire un altro aspetto, ugualmente importante secondo me.
Con chi andare. Io, dentro di me, una risposta a questa domanda già ce l'ho e spero fortemente sia la risposta corretta, sia per la mia vita, sia per la vita di chi deciderà di starmi vicino.
(ed ancora una volta, dopo questa riflessione, ecco nuovamente il tritòno, altra fatalità...o forse no)

:)

lunedì 1 febbraio 2010

Correre all'indietro

Intendiamoci subito, tanto per evitare equivoci.
Non è il mio nuovo sport, non è una nuova disciplina che ho intenzione di praticare anche se qualche stordito che pratica il retrorunning c'è davvero, infatti c'è tanto di Federazione Italiana Retrorunning.
"Corre all'indietro" è la traduzione dal greco di palindromo e oggi che è il 01/02/2010 mi sembrava corretto quanto scontato sottolineare questa cosa, anche se di certo non sarò il primo a dirlo, questo è poco ma sicuro.
Ma sinceramente, al di là delle coincidenze numeriche, mi interessa molto di più la traduzione, quel "correre all'indietro" che suona quasi come un controsenso o, se preferite, una sorta di ossimoro ma che ben si adatta alla mattinata trascorsa dal nostro.
Infatti è da quando sono sveglio o addirittura da quando son andato a letto, che la mia mente che corre davvero all'indietro e si immerge nei ricordi di una splendida serata.
Quasi come se avessi una fotografia in testa.
E questa volta la fotografia c'è davvero, anche se non è su pellicola.
Ci sono due figure in primo piano abbracciate, sferzate dal vento aspro, che guardano verso l'alto, verso l'infinito, illuminate dalla luce soffice di un lampione. Una bella immagine dai contorni ancora leggermente sfocati ma molto intensa. Ora che ci penso, mi sembra ancora di sentire il freddo gelido, il profumo di lei e quegli abbracci interminabili, instancabili, iperbolici.
E sicuramente accompagnano quest'immagine anche tante altre sensazioni che preferisco restino nella mia mente e nel mio cuore, quasi come se scriverle significasse svilire una parte di un tutto che, per quante parole ricercate possa mai trovare, non sarò mai in grado di descrivere degnamente e completamente, tante sono le emozioni in campo.
Ok i soggetti e l'ambientazione sono chiari ma questa foto, è a colori o monocromatica?
Senza pensarci un secondo direi monocromatica.
Mi attira molto il bianco e nero ed il suo nell'ambito della fotografia perchè penso che l'assenza di colori sottolinei di più certi particolari, enfatizzi i chiaroscuri e quelle sfumature che altrimenti andrebbero perse, evidenziando taluni aspetti e lasciandone nascosti altri. Proprio come tento di fare io mentre scrivo qui, in questo blog.
E proprio per non fare uno spreco di questi momenti vorrei poter avere molte foto così, molte foto come quella che ho nella mente ora, per ricordare tutti quegli attimi vissuti appena qualche ora fa. Sì perchè ora che ho trovato dentro di me il motivo che accomuna i due soggetti dentro la cornice della mia foto, non posso non desiderare di averne a dismisura di fotografie così, basta che i soggetti restino gli stessi, ovvio, il resto non conta.
Quindi ora ritorno alle mie faccende di ogni giorno, dopo essermi concesso questa breve pausa.
Tanto lo so già che di pause così ne avrò spesso durante la giornata.
Tanto lo so già che quella foto non me toglierò dalla testa, soprattutto perchè sento che non voglio toglierla.
Quasi fosse piovuta una piccola goccia di Super Attack nella mia mente.
E per quante cose faccia, per quanto tenti di restare concentrato, quella foto con tutto quello che mi fa ritornare alla mente, è sempre lì, lì dove deve essere.
Per cui ogni tanto, datemi pure dello stordito, ma è una gioia infinita correre all'indietro.

:)