sabato 30 gennaio 2010

Il vecchio e il giovane

Giornata intensa anche quella che sta per smorzarsi dentro questa coperta di neve che sembra dover ricoprire indistintamente ogni cosa.
Fuori domina un silenzio d'altri tempi, che entra nella mia mente come aria fresca.
Finalmente respiro. Niente auto, niente rumori, nessun individuo che cammina nascosto dietro il bavero del cappotto. Tutto fermo, tutto in pausa. La magia dei cristalli d'acqua.
Ed io dentro, con la testa reclinata addosso al vetro osservo il lento stratificarsi della neve, ascolto musica e prima di chiudere gli occhi mi sento travolto da un Sentimento.
Ma andiamo con ordine.
Come in ogni film che si rispetti c'è un flashback della giornata trascorsa.
Un flashback veloce e un po' affannoso.
Tutto inizia come sempre, con il suono dell'arpa, chi mi conosce lo sa. Il primo pensiero va a Lei e non potrebbe essere diversamente. Poi in rapida successione tazza enorme di tè, PC acceso e radio in streaming, viva la tecnologia, viva i 5 metri cubi di onde elettromagnetiche che stazionano in camera del sottoscritto. Apprendo con stupore che J.D. Salinger ora è dall'altra parte della strada.
E mi ricordo di quando lessi "Il giovane Holden", "The Catcher in the Rye" secondo il titolo originale.
Per me resterà un libro che sa di adolescenza, che sa di incomprensioni e di sbattimenti.
Il pranzo scivola veloce, in attesa del pomeriggio. Sempre Lei presente nella mente ma poco sullo schermo del mio cellulare. Doesn't matter, so che c'è anche se non mi scrive.
Perso nel dubbio amletico "Biblioteca sì, biblioteca no" riaccendo il PC e continuo a lavorare. Milioni di click.
Ore 17, teatime. Scattano le consultazioni per la serata. Nel frattempo, perso tra mille pensieri, mi scotto la lingua con il liquido bollente, impreco contro la mia sbadataggine poi sorrido. Ancora tanta musica nel pomeriggio. E' ora di cena. Galvanizzato dalla serata che si prospetta, ceno con sufficienza, mi intrattengo un po' poi torno nella mia tana.
Stop.
Da qui in avanti il racconto si fa confuso, un po' contorto e nemmeno ora, alle 2.30 del mattino riesco ad avere una sequenza esatta degli eventi. So che alla fine resto a casa per mille motivi ed ascolto musica. Inizia a nevicare, sono in apprensione per una persona, sì esatto per Lei, la musica scorre ipnotica attraverso le casse stereo ed il nostro si addormenta sul letto per svegliarsi poco prima di mezzanotte.
Sento Lei e dopo un po' mi tranquillizzo, anche se mi ci è voluto un po'.
Devo ancora sintonizzarmi bene.
Fuori la neve ha avvolto quasi tutto, almeno questo vedo dalla finestra della cucina.
E si arriva da dove ero partito poco fa: prima di andare a letto mi travolge quel Sentimento, quella sensazione che rasserena. Poco prima avevo risentito una canzone di un certo Mauro di Maggio che, personalmente, non avevo mai sentito. La canzone si intitola "Non ti voglio fermare". Bella melodia e testo semplice ma ben curato. Mauro di Maggio. Mi sa che a sto giro Mauro ha colpito il bersaglio grosso. "Stai con me o stai senza?" si sente. Non esito e pronto rispondo: "sto con te" decisamente. E glielo scrivo pure, che si sappia. Attendo una sua replica. E nella sua semplicità estrema, quella risposta mi fa contento, mi fa commuovere, mi apre in due.
Nel frattempo nel mio iPod suona Eric Clapton, "Wonderful Tonight".
Penso che avrebbe detto così anche Holden Caulfield se Jane le avesse detto una cosa simile, in una serata come questa, con la neve fuori, come nei film.

"Con Jane non stavi nemmeno a pensare se avevi la mano sudata o no. Sapevi solo di essere felice. E lo eri davvero"

Ed ora anche io, come Caulfield, nel mio piccolo, anche stasera sono felice. Felice davvero.
Eh già, Il vecchio Alex ed il giovane Holden, tutti a loro modo in cerca della felicità.
Come Alex D. e Aidi, Caulfield e Jane, Davide e ...

:)

giovedì 28 gennaio 2010

Equilibrio

"A volte la realtà supera le fantasie più pazzesche."
Nulla di più vero, nulla di più semplice e immediato. Forse anche banale ma tant'è.
Mi sono sempre chiesto perchè certe cose che ci accadono nella vita di tutti i giorni (positive o negative che siano) portano sempre a delle rivoluzioni, piccole o grandi non importa.
E me lo chiedo perchè sento sempre più spesso di amici che ad un certo punto della loro vita, sembrano aver perso certi appigli, certezze o consuetudini, chiamatele come volete.
E questo, poco o tanto, si sa, destabilizza.
A volte sono sensazioni momentanee, che tendono a svanire nell'arco di poche ore, altre meno. E sembra che tutto debba cambiare. Quindi pare quasi necessaria o inevitabile una specie di rivoluzione.
Forse il termine potrebbe sembrare esagerato, ma pensiamoci bene: una rivoluzione non è un cambiamento radicale vero e proprio.
Si ritorna sempre, prima o poi, al punto di partenza, al punto da cui si era partiti. O poco più in là.
Come nel moto dei pianeti.
Ma quello che conta è cosa accade durante la rivoluzione, cosa si apprende e a che costo lo si apprende.
E lo stesso vale per noi, credo. Dipende da cosa siamo in grado di assorbire dalle esperienze che ci hanno portato ad essere quello che siamo oggi. E quindi a migliorarci, a spostarci anche solo di qualche centimetro da dove siamo partiti tempo addietro.
Solo che non è così automatico, non è la solita formula matematica e non è detto che cambiando l'ordine degli addendi il risultato non cambi.
Insomma non esiste una specie di "pilota automatico" durante momenti come questi, non c'è una persona che ti guidi, che ti dica cosa fare o come farla. Ed è giusto che sia così. Non si deve dipendere da nessuno quando di mezzo ci sono scelte che potrebbero cambiarti la vita. E mi ritorna in mente, da buon "Addicted to Jack Frusciante è uscito dal gruppo" quale sono diventato, una frase del libro, molto significativa

"...Ma Alex mica dipendeva.
Poteva andare benissimo col pilota automatico.
Ma quello era sopravvivere...vivere era tutta un'altra storia"

That's the point.
Vivere è un'altra storia.
E per vivere bene bisogna cercare di ritrovare se stessi, nonostante tutte le rivoluzioni che accadono, bisogna trovare la propria dimensione. Una dimensione che non implica necessariamente rotture con quello che siamo stati prima, almeno non per tutti.
Nel mio caso non è una rottura con il passato, non rinnego nulla delle scelte che ho fatto e di come ho gestito la mia vita fino a qualche tempo fa.
Però capita qualcosa che ti fa "saltare fuori dal cerchio".
Una rivoluzione, quindi.
E questo salto ti fa guardare le cose in maniera più nitida a tal punto che quelle cose non sono mai sembrate essere così chiare come le vedi in questi giorni.
Fino a 3 mesi fa ero inquadrato, laureato, etichettato, fidanzato, progettato, mancava solo la data di scadenza.
E dopo i tanti sbattimenti degli ultimi mesi, sono ripartito da zero, più lucido, più attento a quello che conta veramente per me, per la mia vita, per i miei affetti.
Direi che ho trovato un nuovo equilibrio.
Un equilibrio che mi fa star bene, che mi completa.
Ma visto che tendo a ripetermi spesso e volentieri, questa volta non spiegherò chi o come ha fatto sì che trovassi quell'equilibrio, tanto si sa, lo avrete capito o intuito.
Non so quantificare quanto tempo ho impiegato per trovarlo: forse 3 mesi, 3 giorni o 3 minuti.
E' puramente soggettivo, non importa.
E forse non son nemmeno dovuto andare lontano da tutto e da tutti per trovarlo.
La mia non è di certo la storia del giovane benestante Christopher McCandless alias Alexander Supertramp, non è una storia in stile "Into the wild". No, quella è un'altra cosa, niente terre estreme fortunatamente.
Perchè, secondo me, è proprio come c'è scritto in un libro a me caro:

"Alla fine l'equilibrio interiore non è da cercare.
Forse ce l'abbiamo già, e più ci muoviamo o agitiamo o altro, e più ce ne allontaniamo."

:)

PS. Lo so, mi ripeto nella stesura di questi post ma è un po' come il pittore che torna ad aggiungere una pennellata ad un quadro che sembrava finito. Sì perchè a volte non si finisce mai di aggiungere.

lunedì 25 gennaio 2010

210 x 297

Quella che sto per scrivere è una riflessione un po' singolare.
Persino io a volte mi chiedo da dove saltino fuori certi pensieri, certe sensazioni.
A volte mi sembra di avere solo un gran casino in testa. Ed in parte penso sia vero.
"La libertà di scrivere non può ammettere il dovere di leggere" scriveva Daniel Pennac.
Penso, però, che se una persona leggesse queste cose che scrivo senza conoscermi, mi crederebbe uno di quei personaggi "alla Leopardi", sempre chino sulle carte, chiuso nella sua stanza e magari pure un po' ingobbito. Invece non è assolutamente così. Solo che certe sensazioni, certi pensieri che ti balenano nella mente per un secondo, a volte non scivolano via come gli altri e ti rimangono attaccati come un post-it che non puoi non leggere in continuazione. E a quel singolo quadratino di carta giallina, con quel filo di colla sul retro, inizi ad accostarne altri e, da un piccolo appunto, ne esce in ultima un tema.
E forse il fatto di riscrivere qui questo "tema" ti porta ad unire altri punti, un po' come il gioco de "La Settimana Enigmistica": sai da dove parti ma non sai dove finirai, se non a disegno finito.
Nella vita però mi sa che non si sa nemmeno "se esista" e "quale sia" il punto di partenza, il punto numero 1 da cui tutto ha origine.
In questi giorni mi son reso conto di come questi giorni siano giornate particolari, giornate con un certo spessore, con una certa grammatura.
Sarà la deformazione professionale mi vien da pensare in prima battuta. O forse no.
Però mi piace vedere le cose sotto questo punto di vista: non sono giorni piatti come prima ma si fanno sensibili al tatto, sono ruvidi o lisci a seconda dei momenti. E come ho già scritto tempo fa, in determinati frangenti, la mia vita sembra quasi piegarsi, sento che si rigira su se stessa, si attorciglia, a volte si strappa e si ri-incolla o si trapassa da parte a parte come se fosse un foglio di carta.Un bel foglio standardizzato UNI, formato A4. Bianco.
Che poi è il formato cartaceo più comune e anonimo del mondo.
Duecentodieci per duecentonovantasette millimetri. Nè uno più, nè uno meno. Preciso insomma.
Ecco, fino a qualche tempo fa avrei concluso il post qui perchè, ormai, lo saprete meglio di me: ci son giorni in cui non vedi via d'uscita, tutto sembra troppo sbagliato, troppo distante da te, troppo veloce quindi non ti resta che stare fermo per evitare di fare casino.
Ma così facendo il foglio della tua vita resta accartocciato, inaccessibile.
Allo stesso tempo, però, sopra quel foglio che può sembrare pallido, inespressivo, bianco, un giorno ti accorgi che ci puoi pure disegnare sopra, ci puoi scrivere, puoi inciderci qualcosa, come ti riesce, per una volta lo stile con conta. Conta il gesto, la volontà di lasciare un segno insomma.
Un segno sulla tua vita.
In questi giorni sto cercando di pensare a cosa fare nella mia di vita per lasciare un segno o almeno per provarci diciamo, poi come andrà non lo so.
Per una volta non mi faccio illusioni nè previsioni, me l'ha insegnato qualcuno proprio in questi giorni. Ho imparato diverse cose negli ultimi giorni, ora che ci penso.
Quindi forse mi rendo conto che sia riduttivo e semplicistico definire la vita un foglio.
Probabilmente sono più fogli assieme, sono fogli che provengono da persone diverse, quelle persone che entrano a far parte della tua vita e che ti lasciano qualcosa, nel bene o nel male.
Solo che non puoi decidere quali fogli tenere e quali eliminare.
Ti tieni tutto il "malloppone".
Sì perchè la maggior parte delle volte, noi non scriviamo nulla sui nostri fogli ma sono gli altri a farlo, sono le altre persone che completano la nostra vita.
Se non ricordo male, Oscar Wilde scrisse che "La vita è ciò che succede mentre noi pensiamo ad altro".
Se è vero ciò, allora è estremamente importante capire a chi affidare la penna, è necessario capire a chi permettere di scrivere qualche riga o addirittura qualche pagina. Per evitare di fare di ogni momento uno spreco.
Ma non solo.
C'è un aspetto ancora più importante anche se potrebbe sembrare più banale.
Dipende se permetterai ad altri di poter scrivere qualcosa sul foglio della tua vita.
That's the point.

:)

venerdì 22 gennaio 2010

Just Breathe

Stavo ascoltando la radio poco fa, in camera mia, al buio, con quella faccia tipica da chi sa di averla combinata o meglio da chi l'ha scampata per un soffio. Sì come se fossi "in punizione" insomma. Anche perchè, per esperienza personale, a volte penso che le probabilità che qualcosa accada sia inversamente proporzionali alla sua desiderabilità. A me capita con il cellulare ad esempio: più lo guardi e meno squilla.
Comunque, ero nella mia stanza ad ascoltare musica con lo sguardo piantato sul cellulare che mai si illumina.
L'avevo appena spento dopo aver digitato un messaggio ad una persona e avevo ancora in bocca quel sapore di chi vorrebbe dire tante cose ma dirle face-to-face è diverso che scriverle e sto iniziando a credere che magari la prima opzione mi riesca meglio della seconda. Con la destinataria del messaggio è innegabile che c'è una certa affinità che ci accomuna e tante altre belle cose anche se scoperte solo da qualche giorno.
Ma certe cose proprio non te le immagini. Non sono contemplate, ne parlavo con lei giusto qualche sera fa. Sono quelle piccole grandi coincidenze che ti fanno capire quanto simili caratterialmente possano essere due persone, sono quelle coincidenze che ti fanno svoltare e che ti aiutano a farti tornare il sorriso. Sì perchè questa persona me lo dice sempre: bisogna vedere il bicchiere mezzo pieno e gioire di quello che si ha, perchè altri con molto meno son più contenti di noi. Semplice ed efficace.
Quindi il tempo passa, scorrono le melodie e le canzoni, alcune le perdo, non le sento nemmeno perchè son distratto dall'iPhone dallo schermo nero che stringo in mano, altre mi colpiscono e mi fanno riflettere, mi fanno pensare. E' una costante di questi giorni. Sembra assurdo ma ogni giorno sento una o più canzoni che descrivono in pieno quel che sento. Canzoni anche dai generi più disparati, ve ne sarete accorti se avete letto i post precedenti. E anche stasera ero lì, alla ricerca di udire una canzone che potesse spiegare tutto sto groviglio di sentimenti che mi trapassano da parte a parte, che potesse aiutarmi a sciogliere questo gomitolo di sensazioni che ho dentro. Però si sa, come ho detto prima le probabilità che qualcosa accada a volte sono inversamente proporzionali alla sua desiderabilità.
Ad un tratto distolgo la mente da questo pensiero e mi cristallizzo a pensare solo a lei: me la son vista proprio sopra la mia testa, sorridente come l'ho vista in questi giorni. Perchè quel sorriso che ho visto io nei nostri incontri, con quella intensità, con quella vitalità, non mi sembra di averlo notato in altre foto di lei, scattate nelle situazioni più diverse. E mi fa felice questa cosa, molto felice. Vedere i suoi occhi brillare ogni volta che combaciano con i miei mi fa sentire importante per lei, mi riempie di gioia e mi emoziona come non succedeva da tempo. E durante quei minuti che paiono infiniti, la mia mente viaggia e sembra non volersi fermare.
Inizio a sentire di nuovo una musica di sottofondo, un riff di chitarra acustica molto rilassante ma al contempo travolgente. Poi via via iniziano la parte cantata e finalmente trovo quel che stavo cercando. Mi alzo di soprassalto dal letto, mi fiondo al pc e guardo il titolo della canzone che stavo sentendo "Just Breathe" dei Pearl Jam. La mia prima istintiva reazione è stata solo quello di dire "Wow!". Semplice ed efficace. Basta, non servivano altre parole. E nel frattempo Eddie Vedder continuava imperterrito nella sua performance. Inutile che vi descriva il mio piacevole stupore nel sentire il testo di questa canzone. Ecco, questo sì vorrei poter averlo scritto io. Vorrei essere stato in grado sin da subito di far capire alla persona cui sto pensando (e scrivendo) quello che ho dentro.
Invece, purtroppo, a me riescono sono dei malloppi un po' raffazzonati, lunghi quanto contorti.
Ad ognuno il suo, ognuno per sua capacità ed inclinazione.
Il fatto è che questa canzone mi ha così colpito nel profondo (nonostante non sia un estimatore dei Pearl Jam) che non posso fare o dire altro che una cosa sola perchè se aggiungessi qualcosa in più rischierei di rovinare tutto come al solito.
Signorina, lo dico con il cuore in mano, questa canzone è per lei.

:)

giovedì 21 gennaio 2010

Gli ossimori dell vita

Gli ossimori della vita.
Stasera ho scritto prima il titolo che il corpo del post. Sì perchè ci sono delle sere, come questa che sta volgendo al termine, in cui ti rendi conto che tutta la tua vita è un continuo e costante ossimoro. Un ossimoro senza fine. Ed essendo quest'ultimo, per definizione, una figura retorica che si compone dell'accostamento di due termini in antitesi fra loro, questa cosa mi sembra alquanto strana, ma al contempo interessante. Perchè generalmente i due termini sono spesso incompatibili. Ed il loro scopo infatti è di creare un contrasto, di descrivere una sensazione. Quindi è un qualcosa non solo di stilistico ma che inevitabilmente ha a che fare con la sensibilità e l'emotività delle persone.
"Nomen Omen", il destino nel nome, dicevano gli antichi. Beh ossimoro deriva dal greco, deriva da una parola che è la fusione di "acuto" e "sciocco". Altro fattore interessante, da tenere in considerazione.
Ma attenzione, questa non è un'analisi del testo, non è un'esercitazione dove si devono diligentemente sottolineare le figure retoriche senza dimenticarne una. Questa è la vita e le cose cambiano, mutano, anche le la sostanza resta quella. E a volte occorre arrivare a leggere tutta la storia prima di accorgersi di certi particolari perchè subito non balzano agli occhi.
Ci sono certe sensazioni, infatti, che prima o poi tutti provano nella vita e a volte sono così disparate, così apparentemente antitetiche fra loro che, se non ci provocassero delle reazioni forti, stenteremo a crederle vere. E quindi, nonostante le venticinque primavere sul groppone, capita una sera di trovarsi a "piangere per la felicità", con quel mix di sensazioni che ti travolgono e che sembrano trascinarti via almeno per qualche minuto. Oppure capita, sempre con nostre venticinque sulla carta d'indentità, di conoscere una persona nuova e al solo contatto sentire quell'elettricità, quel magnetismo antropico, quel "brivido caldo" che scorre sulla schiena e che ti fa sentire vivo. E ritrovarsi dopo pochi giorni a fare delle piccole "lucide follie" che pensavi accadessero solo nei film o nelle fiction.
Perchè questa è vita, non è fiction come ho detto ad una persona giusto qualche ora fa. E non è nemmeno una "realtà virtuale" questa, non è come nei film della saga di Matrix dei fratelli Wachowski. Non è "fantascienza".
Anzi, mi sembra che ci stiamo avvicinando a grandi passi ad un domani simile alla visione del futuro descritta e cantata dai Jamiroquai nella canzone "Virtual Insatinity"

"Futures made of virtual insanity now
Always seem to, be govern'd by this love we have
For useless, twisting, our new technology
Oh, now there is no sound - for we all live underground"

Una "triste felicità", questo sentimento provo ogni volta che vedo determinati comportamenti di svariate persone che, per come la vedo io, non sono in grado di godere pienamente di quel che hanno ma, al contrario, sono sempre mossi dall'insoddisfazione e dall'ansia di primeggiare in tutto. E quindi per uscire da questa visione poco edificante della realtà, troppo piatta e grigia, quasi senza accorgetene, ti ritrovi a "credere nell'incredibile", ti trovi a pensare che quel qualcosa che è accaduto qualche giorno fa e che ritenevi impossibile, in realtà sia successo davvero, contro ogni tipo di calcolo o previsione. Altro che "teoremi pratici", altro che "stime esatte". L'ho detto anche qualche post fa. La vita è imprevedibile, non è una scienza e tanto meno mi risulta sia una scienza esatta. Si arriva a pensare pure che le celeberrime "due rette parallele" che da teorema "si incontrano solo all'infinito" magari si possano pure incontrare prima, come se in determinate situazioni vi fossero delle "convergenze parallele". E per lo stesso motivo, come qualcuno ha detto qualche ora fa, se per due punti passa una e una sola retta, un giorno io traccerò quella che va da lei verso di me o da me verso di lei. Questo è quel che si dice "unire i punti" e penso sia un'operazione che tutti quelli che si sentono degli eterni "cuori solitari" prima o poi debbano compiere se intendono trovare un'anima gemella.
Perchè, a pensarci bene, è proprio come ha scritto Antoine de Saint-Exupéry, l'autore de "Il Piccolo Principe"

"Amore non è guardarci l'un l'altro, ma guardare insieme nella stessa direzione."

:)

martedì 19 gennaio 2010

Are you a Reason, a Season, or a Lifetime?

Altro piccolo flash, altra piccola congiunzione, altra piccola riflessione.
Alla radio sento una canzone che non sentivo da qualche tempo ormai, è "Heard 'Em Say" di Kanye West con il featuring di Adam Levine dei Maroon 5. Non è una novità questa canzone e Kanye è uno degli artisti che ho seguito di più negli ultimi anni ma stavolta mi colpisce una frase del testo all'inizio della seconda parte. E' la prima volta che ci facevo caso.
"They say people in your life are seasons / And anything that happen is for a reason!
Dicono che le persone capitino nella nostra vita per dei periodi e che non succede mai nulla per un motivo preciso. Non mi sento di giudicare la correttezza di questa frase ma certo è che non mi suona del tutto nuova.
Googolo come al solito e mi imbatto in questo componimento di un autore sconosciuto.
Non l'ho mai letto prima, forse questa volta era solo una sensazione.
Però il testo lo trovo estremamente sintetico ma interessante e personalmente mi ha fatto riflettere.

Reason, Season, or Lifetime

People come into your life for a reason, a season or a lifetime.
When you figure out which one it is,
you will know what to do for each person.

When someone is in your life for a REASON,
it is usually to meet a need you have expressed.
They have come to assist you through a difficulty;
to provide you with guidance and support;
to aid you physically, emotionally or spiritually.
They may seem like a godsend, and they are.
They are there for the reason you need them to be.

Then, without any wrongdoing on your part or at an inconvenient time,
this person will say or do something to bring the relationship to an end.
Sometimes they die. Sometimes they walk away.
Sometimes they act up and force you to take a stand.
What we must realize is that our need has been met, our desire fulfilled; their work is done.
The prayer you sent up has been answered and now it is time to move on.

Some people come into your life for a SEASON,
because your turn has come to share, grow or learn.
They bring you an experience of peace or make you laugh.
They may teach you something you have never done.
They usually give you an unbelievable amount of joy.
Believe it. It is real. But only for a season.

LIFETIME relationships teach you lifetime lessons;
things you must build upon in order to have a solid emotional foundation.
Your job is to accept the lesson, love the person,
and put what you have learned to use in all other relationships and areas of your life.
It is said that love is blind but friendship is clairvoyant.

— Unknown

Quindi ora viene spontaneo pormi una domanda.
"Are you a Reason, a Season, or a Lifetime?"
Solo il tempo lo dirà.
Per il momento mi basta quello che ho.
Mi basta che tu sia entrata nella mia vita.

:)

Adelaide

Ci sono volte in cui mi piacerebbe riuscire a scrivere nel modo più semplice possibile quello che ho dentro, quello che mi passa per la testa, solo che nell'applicare questa formula non sempre mi esce il risultato che mi aspettavo e talvolta finisco per scrivere dei tomi dai contenuti più o meno sensati ma così criptici che anche io stesso farei fatica ad interpretarli. Perchè a volte vorrei avere la forza per poter descrivere usando parole mie tutto quel cocktail di sentimenti che pulsano nel mio cuore ma molti di questi appartengono alla mia sfera più intima e personale quindi mi trovo un po' in difficoltà nello spiegare cosa ho provato in determinate occasioni.
Mi rendo conto che solo una persona sarà in grado di leggere tra le righe di questo breve post ma volevo pubblicarlo ugualmente perchè penso che queste siano tra le cose più belle che possano accadere nella vita di una persona.
Come è successo al mio "alter ego" letterario, il vecchio Alex D. descritto da Enrico Brizzi nel suo romanzo, anche io penso di aver trovato la mia Aidi. Ecco, l'ho detto.
E per descrivere quello che ho provato e che provo ora, non posso che riportare due piccoli passi del libro che tanto mi è caro in questi giorni. Quindi colei a cui fischieranno le orecchie leggendo le prossime righe, avrà la riprova che l'Adelaide che stavo cercando da un po' di tempo a questa parte, è proprio lei.
Sì, proprio lei signorina.
Lei che ora starà sorridendo e starà forse arrossendo, ora lo sa, una volta per tutte.
E non mi importa se questo post a qualcuno può sembrare mieloso o sdolcinato. Qui non si tratta di piaggeria, non si tratta di romantico posticcio o di voler "far colpo": io parlo di sentimento, per quanto strano possa sembrare, dato lo sviluppo tanto improvviso quanto inaspettato degli eventi. Ancora non so dove ci porterà questo nostro viaggio che abbiamo iniziato ma per il momento mi basta sapere che il destino abbia voluto far incrociare le nostre strade.
Anche perchè ormai lo saprai meglio di me: la vita è piena di svolte impreviste, l'ho scritto anche tempo fa.
E poi lo dice pure un noto proverbio.
Al cuor non si comanda.

"Guardare in silenzio le labbra, i capelli, le mani di Aidi alla luce di quella candela, era un'emozione maestosa come sdraiarsi sui binari e fermare una locomotiva con la sola forza delle gambe o nuotare in apnea, per ore, in un mare -perdonàtelo- di tè fresco alla pèsca. Ma di tutto questo, il vecchio Alex si sarebbe accorto più tardi, poiché in quei giorni sentiva solo un misto portentoso si felicità e inquietudine mai provato prima.
Aidi gli sembrava una fata luminosa e un'Entità imperscrutabile."

"Adelaide l'aveva colpito con un pugno finto, un bel momento, ma a lui era venuta voglia di baciarla seriamente, e poi di morderla un po' e legarla a sé e non lasciar gocciolare via neanche un istante del tempo che restava."

:)

domenica 17 gennaio 2010

Fly

Ancora la musica come sottofondo ad un'altra giornata sorridente del sottoscritto.
Non son mai stato un tuttologo della musica, sarà che ora ho molto più tempo rispetto a prima o solo la mente più sgombra da pensieri probabilmente.
Sto riscoprendo il piacere di ascoltare musica. Tutta la musica.
Stamattina mi son svegliato con il sorriso come capita oramai da una settimana ed inizio ad ascoltare un po' di musica, tanto per cercare di far passare questo leggero mal di testa che insiste imperterrito sulle mie tempie.
La prima canzone che passa sul mio iPod è "Layla" di Eric Clapton, versione acustica. Ammetto la mia ignoranza, non sono un espertone come ho ribadito poche righe fa. Fino a qualche anno fa, del signor Slowhand, da tutti riconosciuto come uno dei chitarristi blues più noti e talentuosi di sempre, non sapevo molto. Poi capita che ti comperi un CD e inizi ad ascoltarlo, magari di notte mentre tenti di mettere nero su bianco qualche idea su un foglio di carta.
Mi piace molto come canzone, mi soffermo sul ritmo lento ma deciso, su quelle dita che pizzicano le corde della chitarra, sul canto quasi sussurrato che si fonde con il riff.
Mi infonde serenità.
Bene così.
La mattinata iniziata un po' più tardi del solito, vista la conversation durata fino alle soglie delle ore 4 am con una certa persona, scorre veloce e senza sbattimenti. E' domenica per tutti insomma.
Nel primo pomeriggio sorseggiando "molto lentamente" il caffè mi rimetto all'ascolto, smanetto un po' su youtube e mi ritrovo ad ascoltare un pezzo di Matti Blair aka Herbdout, un giovane dj e produttore londinese di musica dubstep. Anche qui, non sono un tuttologo, di musica dubstep ne ho sentita gran poca.
Non sono un ascoltatore assiduo di musica elettronica ma questi pezzi e queste sonorità travalicano i gusti musicali di chi ascolta. La canzone si intitola "Fly" e a mio modesto parere è molto riuscita. La parte di apertura della traccia c'è una parte cantata supportata da un riff di chitarra e fin qui, niente fa pensare alla musica elettronica. Poi si iniziano a sentire queste frequenze basse che subentrano nel pezzo, senti queste vibrazioni che entrano nelle orecchie e il suono si fa ripetitivo, quasi ipnotico. Belle sonorità quindi, un mash up riuscito.
Googolando trovo notizie su Matti Blair e sulla canzone che stavo ascoltando e qui, l'ennesima sorpresa di questi giorni. Il producer per comporre il pezzo si sarebbe ispirato, secondo alcuni, ad una canzone dei Pink Flyod, rock band degli anni '60.
Diciamo che non sono proprio nelle mie corde, ma questa volta non importa.
La cosa interessante è che la canzone fonte d'ispirazione per Matti Blair si intitola "Wish You Were Here".
Ennesima coincidenza?
Sinceramente non so se sia il caso o un destino già scritto che io mi debba imbattere in queste corrispondenze amorose/musicali. Però mi piace. Molto!
Il pensiero quindi corre subito ad una persona in particolare, conosciuta da una settimana a questa parte. E l'unica cosa a cui penso in questo momento è proprio quella, come il titolo della canzone dei Flyod.
Vorrei tu fossi qui.

:)

sabato 16 gennaio 2010

Colazione da

Non fatevi ingannare.
"Colazione da Tiffany", film americano con Audrey Hepburn e George Peppard (also know as colonnello John "Hannibal" Smith dell'A-Team) questa volta non ha nulla a che fare con quello che sto per scrivere.
O forse sì ma solo per una specie di assonanza dovuta al fatto che la Tiffany & Co. da anni ed anni vende nel mondo gioielli di ogni foggia e di ogni materiale.
Anelli, bracciali, monili con qualsiasi tipo di pietre preziose, incastonate con precisione certosina.
Se è così, mi sa che oggi più che al bar, ho fatto colazione in gioielleria.
Perchè proprio al mio fianco destro, stringevo tra le mani un diamante.
Ed ero così contento di aver finalmente trovato quel diamante che non riuscivo a separarmene.
Come se fossi entrato nel suo reticolo cristallino, con tutti quegli atomi che volteggiano a velocità folle attorno a me.
Un po' quello che accade nella mia testa ora, dove miei pensieri orbitano attorno ad un nome, una sensazione, un profumo persistente nelle mie mani.
Ed io che pensavo che la chimica non fosse importante.

:)

Homecoming

Homecoming.
E devo pure svegliare un nonnetto seduto di fianco al sottoscritto quando arriviamo a Vicenza.
Perché lui in treno si addormenta.
Solo lui.
E martedì invece di scendere a Vicenza è arrivato a Verona PN.
Bravo nonno.
Fai le cose in grande.
E se tu non fossi sbragato sul sedile in maniera "the world is mine", se non mi tossissi a 3,5 cm dal mio orecchio sinistro ogni 10 minuti potrei anche volerti bene.

...E no!!
Non metterti a russare nonno dai!
Spero che questo siparietto si concluda con una scritta "sei su scherzi a parte".
Cmq il nonno sfoggia una mimica facciale da antologia.
Si sta impegnando davvero.
Si vede che è un pro.
Chapeau!!!

Colpo di reni.
E il nonno si sveglia.
Mi alita addosso e mi chiede dove siamo.
Lerino.
Fa anche battute sui trasporti ferroviari e sui ritardi.
Ai suoi tempi era tutto diverso.
Bravo nonno.
La dietrologia ferroviaria mi mancava per concludere la serata.
Ci mancherai nonno.
One Man Show.

Arrivato a casa.
Un po' mi manca sto nonno acquisito.
Era arrivato pure a fare un cazziatone formato famiglia a delle ragazze perchè a suo dire facevano chiasso.
Un colpo di classe.
Come una rovesciata al novantesimo.
Grande nonno.
Però per favore, un po' meno bacilli che già di mio ne ho a pacchi.

PS. Questo post lo dedico a Nonnino Bacillo che ha allietato il mio fantastico viaggio di 2a classe Venezia Santa Lucia - Montebello delle ore 18.09.
See You Soon Sleepin' Grampa!!!

:)