giovedì 29 aprile 2010

Resto fuori.

Sì esatto.
Stasera resto fuori.
O meglio scrivo fuori.
Seduto sulla scala in cemento, vicino la porta di casa.
"Con una luna così" (...) non si può fare diversamente.
E qui sgorga quella parte del ciclista sentimentale che è in me, anche se di ciclista, io, ho ben poco.
Piccì appoggiato sulle ginocchia ed una tazza di tè a fianco.
Camicia con le maniche arrotolate, tirate su fin sopra il gomito.
Sento lo stridere degli ultimi balconi che si chiudono lentamente.
C'è chi va a dormire e c'è chi non ne vuole sapere, come il nostro, qui, con lo sguardo all'insù.
Inizio a picchiettare velocemente sulla tastiera.
Sono successe un bel po' di cose che.
Scrivodigetto.
Mi scappa subito un piccolo sorriso.
Ripenso alle ultime parole spese qualche minuto fa con.
Conversazione breve, quasi rubata per certi versi.
Ma ugualmente interessate e gradita, visto l'argomento.
E che argomento.
D'You Know What I Mean?
Come cantavano gli Oasis nel 1997.
Ecco.
Ripensandoci mi son sempre trovato bene a parlare con lei, fin da subito.
Chissà se anche per lei è lo stesso.
Ripenso a sette giorni fa.
A quelle ore passate a parlare con i ragazzi, come me, in attesa.
Alla gioia nel far ridere una sconosciuta solo con una sola battuta e con uno sguardo.
E ritrovarsi a parlare assieme per ore, sempre in attesa.
Quanti background diversi, quante storie diverse, quante vite diverse.
Tutti con l'idea di allontanarsi per un po', tanto per iniziare per gradi.
Kihaad, Les Flamboyant, Hydra Beach...
Ripenso a sabato, al libro comperato nel pomeriggio.
Ripenso alla mega trasferta sera in laguna, qualche ora più tardi.
Dire che "ci voleva" un festone del genere è riduttivo.
Ripenso a qualche giorno fa.
O solo qualche ora fa, se preferite.
Vecchi e nuovi amici, tante risate e sguardi felici, occhi che brillano.
Tanta roba per chi nota questi dettagli.
I miei non brillano di certo come il dieci gennaio ma già so che il cambiamento è sempre più vicino.
Per ora va bene così.
Mi tengo strette quelle persone che mi spingono e che mi hanno spinto a svoltare.
E' una questione di karma, di eventi concatenati, come dicevo poco fa a.
Al resto non ci voglio pensare ora, non vale la pena star male se poi quel che torna indietro è tutto lì.
Quindi...Problemicivediamolunedì.
E anche se lunedì è passato da un pezzo, non fa niente.
Perchè stasera ho più ricordi dolci rispetto a quelli che ti lasciano l'amaro in bocca.
Perchè stasera va così, con quella luna color avorio che illumina tutto.
Perchè stasera sono ancora troppo sveglio per dormire, come direbbe Bassi.
L'ho detto.
Stasera resto fuori.

mercoledì 21 aprile 2010

23.59.59

Guardo la lancetta correre spedita sul quadrante.
Lo sguardo un po' assente.
Mi sento un po' stanco, un po' distante, un po' incellophanato.
Stasera va così. A corrente alternata.
Per svariati motivi.
Alcuni forse un po' futili o di facile comprensione, per chi ne sa di me, del mio periodo.
Altri invece quasi ti bloccano il sangue nel ventricolo, almeno per gente come me, per chi come me...
Perchè.
Perchè domani forse ci sarà un passo avanti. O di lato.
Perchè domani è il ventunoaprile e un anno fa c'è chi perdeva tutto e mangiava polvere, acciaio e cemento.
Perchè se confronto certi problemi con i miei mi sento veramente insignificante. Ehm.
Perchè stasera tornando a casa ho risentito quelle due canzoni e ho pensato a loro, a quando le abbiamo sentite, a quando eravamo assieme e sembra sia passata un'eternità.
Perchè "sono le classiche canzoni che ascolti quando è troppo tardi" come ha scritto la nena.
Perchè a quei silenzi di piombo non mi ci sono abituato e forse non mi ci abituerò mai.
Perchè anche se fa male e poi svolti, io sono sempre il solito, sono sempre maledettamente aggrappato a quelle sensazioni e a quei ricordi, anche se forse vorrei, dovrei, potrei evitare di pensarci un domani.
Perchè ormai sono le 00.00.00 passate, domani è già qui ed io non mi sento ancora del tutto pronto.



"..When I find my piece of mind
I'm gonna keep you for the end of time.."

venerdì 16 aprile 2010

El sueño de la razón produce monstruos

Scrivo anche se non dovrei, se non potrei, se non vorrei.
Sono in studio alle prese con un lavoro, per dare una mano ai miei ex colleghi.
C'ho un po' di pausa, me la gioco scrivendo due righe.
Il mio tè è bollente. Guardo fuori dalla vetrata. Un sole pallido.
E questo lavoro che. Nulla è originale. Tutto si copia. Persino il modo di esprimersi.
Il telefono che continua a suonare. Gente che deve parlare con me per 'sto lavoro.
Sì salve, sono io...Sì "il paesaggista" (...) ... Eh sì, c'ho la voce squillante perchè sono giovane...25...Laureato da poco...Sì Sì, grazie, mi dica.
Intanto pensi "...Dai c***o che non ho tutto il pomeriggio per parlare del più del meno con te, con il capo seduto di fianco a me..."
As usual.
Forse è anche questo che ha contribuito a scaricare le mie batterie.
Però intanto ci sono ancora dentro a 'sta gabbia quindi tocca stringere i denti per un poquito.
Routine.
Dejà - vù.
Replay.
Click. Click. Esc. Ctrl - Z. F8. Invio.
Eh.
Echipiùnehapiùnemetta.
Mi rimbocco le maniche della camicia.
C'ho ancora un po' da fare prima di stasera.
Sta lottizzazione che sto seguendo a dirla tutta mi urta un po'.
Perchè sento che la testa è lontana da qui, ancora troppo presa da cose che.
Premo Canc e riprendo, altrimenti poi faccio qualche casino.
Premo Canc e riprendo, altrimenti stasera dormo qui.

El sueño de la razón produce monstruos.
Il sonno della ragione genera mostri.
In tutti i sensi.



Ecco a 'sta foto schiaffo un "No comment"...

giovedì 15 aprile 2010

"..Mi sporcherò della tua allegria.."




"...E' questo è il limite della tua vastità,
mi porta dove so che non ci sarai più.
..forse l'immagine della mia ingenuità è un cielo che non ha mai avuto nuvole per me..."

mercoledì 14 aprile 2010

...Click!

Eccomi, eccomi.
Vi sono mancato? Eh, addirittura.
Io non credo. O forse un po' sì dai, viste le mail arrivate in questi giorni. No, è solo che l'autostima a tratti vacilla ancora e così mi aggrappo a tutto. Ogni appiglio sembra buono per vedere le cose da un punto di vista differente. E sia.
Ho ancora negli occhi le immagini di questi giorni. E per lo più sono delle istantanee, come se nella mente avessi tante Polaroid. Forse qualche foto è pure uscita mossa ma non è il caso di fare sprechi di certi momenti viste certe difficoltà a.
Il primo click venerdì pomeriggio.
In macchina, sull'aquattro direzione Milano. Controsole. Centoventi costanti con qualche punta, tanto per. Non ho fretta me la prendo comoda. Mano sinistra sul volante, mano destra che preme sui bottoni dello stereo. La radio gracchia, la voce che va e viene. Vai di CD. Un po' mi rilasso, finalmente.
Secondo click venerdì sera.
In quattro a camminare per le vie in salita della città alta, con quel pizzico d'atmosfera medioevale. Vedere le quattro ombre che si proiettano sul selciato e rivedermi spaiato, senza un'altra ombra vicino la mia mi ha fatto uno strano effetto. Forse perchè era la prima volta che ero veramente consapevole di essere da solo dopo più di dieci anni. Mumble, mumble, mumble, come nei fumetti. L'atmosfera dei posti in cui mi trovo spesso mi condiziona. Per me è come un fondersi con la città. Mi capitava spesso anni fa, quando abitavo a Venezia. Ogni tanto la notte uscivo per far due passi quando di dormire proprio non mi riusciva. Ecco. Qui idem, anche se siamo a duecentocinquanta chilometri di distanza, niente laguna e tutto il resto. Per qualche attimo, però, ritrovo questa sensazione nello scoprire certi scorci fra il tessuto stretto ed irregolare del centro storico, nel cogliere la quantità smodata di pattern diversi, l'alternanza di luci e di ombre. Se ci ripenso era il luogo adatto per riflettere fra me e me su certi aspetti, su quello che mi sta capitando. Ho macinato più di trecento chilometri in due giorni ma ne è valsa certamente la pena.
Terzo click ancora venerdì sera, qualche ora dopo.
Ecco qui la foto è uscita un po' mossa. Perchè alla fine c'è tempo per l'immancabile pinta di Guinness in un Irish Pub, minuto ma affollatissimo. E noi seduti su quel divanetto in penombra, sotto quella grande finestra dal gusto un po' retrò da cui filtrava una luce fioca, quasi polverosa. Adoro certe atmosfere. Btw, come i veri Dubliners, per dirla alla James Joyce, brindiamo anche noi stasera...Slawncha!!
Quarto click qualche ora dopo.
Scendo verso "l'altra città", con il passo che si fa un po' incerto. Strani giochi di luce, strani cromatismi: per qualche attimo tutto sembrava virare in uno strano effetto seppia, alla Alfred Stieglitz, per capirci. Altro che Polaroid. E qui qualche flashback in effetti c'è stato, qualche cortocircuito nella mente è avvenuto, fortuna che la notte è abituata a custodire certi miei pensieri ormai. As usual.
Quinto click sabato pomeriggio.
Homecoming. Il ritorno a casa, nella grigia cittadina di provincia che tanto mi sta stretta. Pomeriggio assolato passato con gli occhi un po' gonfi a causa delle lenti a contatto nuove e. E poi certe cose che forse stavo meglio senza. Ed era pure il dieci, tanto per gradire, come mi ha puntualmente ricordato qualcuno.
Sesto click domenica.
Semplicemente lascio tutto spento. Cellulare mai acceso. Televisione costantemente a schermo nero. Anche la testa fade to black. Ho acceso qualche ora il PC perchè mi era venuta voglia di scrivere qualcosa ma. Fade to black ebbasta.
Settimo click ieri pomeriggio.
La prova d'abito per la cerimonia. Costantemente asciugato dal commesso che mi poneva domande se preferivo una giacca tre bottoni o una semplice due, un pantalone cinque tasche con finitura o meno. Eh. Che momenti. E le raccomandazioni della serie 'però non mi portare il pantalone così calato come il jeans che indossi ora il giorno della cerimonia, mi raccomando' piazzate lì con l'aria un po' schifata. Grazie della dritta mister, sia mai che. E c'ho pure una cravattina da antologia che mi ha affibbiato che vi lascio immaginare.
Ottavo click martedì mattina.
Ritiro il passaporto, finally. Qui non c'è molto da dire, c'è solo molto da viaggiare. Via...
Se ci penso bene, ci sarebbero altri click, altri bottoni da premere, altre istantanee da cogliere.
Però mi sa che le pellicole stanno terminando quindi meglio non fare sprechi di certi momenti, l'ho pur detto prima. Per questa volta mi fermo qui. Mi ritorna alla mente una frase letta in un libro ai tempi dell'università. Una frase semplice ma che sa di chiosa perchè se guardi oltre non parla solo di fotografia ma anche di vita, della vita di tutti i giorni.

"Non bisogna mai giudicare un fotografo dal tipo di pellicola che usa, ma solo da come la usa"


AmildCaseofSanity. Polaroid.
(amildcaseofsanity.deviantart.com)

martedì 13 aprile 2010

mercoledì 7 aprile 2010

Don't Say Nothing

"...In principio tu ti sederai un po' lontano da me, così, nell'erba.
Io ti guarderò con la coda dell'occhio e tu non dirai nulla.
Le parole sono una fonte di malintesi.
Ma ogni giorno tu potrai sederti un po' più vicino..."

Tratto da "Il Piccolo Principe" di
Antoine De Saint-Exupery

Sì perchè, alla fine, è dura da ammettere, ma aveva ragione la volpe. E non mi metto a snocciolare i soliti proverbi in merito oppure le esperienze personali perchè altrimenti vi asciugherei ed inoltre sarebbe solo l'ennesima riprova che a volte le parole fanno solo da contorno. Quasi come se dicendo certe cose ci sentissimo persone diverse, migliori. Quindi meglio non dire nulla certe volte, l'ho imparato sulla mia pelle. E credetemi: non è una cosa così banale come può sembrare.
Vi metto il link del blog della mia migliore amica perchè mi piacerebbe che voi leggeste l'ultimo suo post. Io ovviamente sono di parte ma l'ho trovato così limpido che mi ci son specchiato dentro, per dirla alla Maxi B. Quindi cliccate e leggete. Magari anche voi vi riconoscerete in certe descrizioni o ritroverete una parte di voi nascosta fra quelle righe. O semplicemente vi fischieranno le orecchie, come è successo al sottoscritto.
Check this out.



lunedì 5 aprile 2010

Apro l'uovo in cerca della sorpresa...

Ecco anche se ieri era Pasqua, un commento veloce lo lascio lo stesso, visto che son tre giorni che manco da qui. A dir la verità son stati tre giorni un po' pieni di cose, di faccende da sbrigare, di domande a cui dare una risposta, di decisioni da prendere per il futuro. Tanta roba insomma.
Anche questo giorno è scivolato via e finalmente dopo un tot di tempo ho rivisto il mio migliore amico: mi ci voleva davvero. Sì perchè è vero che passa il tempo, che sfilano diverse persone davanti agli occhi ma quell'intesa di un tempo, quell'intesa fatta di poche parole c'è sempre come anni fa, come se il tempo si fosse fermato. Fantastico. Quindi via di racconti, di Guinness, di upgrade, di quesiti...e io lì "a confessarmi", a spiegare certe decisioni degli ultimi mesi ed il perchè di certe cose, di certi capolinea arrivati inaspettatamente e troppo velocemente. Un po' di tristezza inevitabilmente riaffiora. Però. Però penso di aver fatto un piccolo passo avanti. Cioè sento che nel raccontare questa mia volontà di cambiare aria, ogni volta si rafforza in me la convinzione che non è solo un capriccio da turista ma una reale necessità, dettata anche dalle recenti delusioni affettive, dal disincanto che mi attanaglia, dalla realtà che mi è stata sbattuta in faccia e forse anche da quel senso di "disperazione" (..lo so, non è il termine più corretto ma lascio questo per questa volta..) nel non trovare una somiglianza con gli altri, un qualcosa che mi leghi qui, non so se mi sono spiegato.
Molto probabilmente no. Ma.
Non ne sto facendo una malattia di sta cosa, per carità, però ci credo fermamente.
Non voglio sentirmi ingabbiato in una realtà che non fa per me, fatta di tante (forse troppe) responsabilità, di storture e di pensieri che inevitabilmente finirebbero per annichilire una parte di me. Come se quello che mi circonda viaggiasse ad una velocità, ad un ritmo che non sono in grado di mantenere a lungo. Mi manca il fiato, come per i corridori. Però non voglio scappare, sia chiaro: non si scappa da se stessi. Voglio solo aspettare, andare a vedere il mondo non con gli occhi del turista ma da "cittadino del mondo", da uomo e non da ventenne che parla, qualche volta ragiona pure, ma in fondo se ne frega. Voglio scoprire cosa c'è un po' più in là, fuori da quel cerchio che mi è stato disegnato attorno e che sento farsi stretto giorno dopo giorno. E soprattutto voglio iniziare a farmi una Vita, voglio imparare qualcosa da poter davvero condividere in futuro con una persona, con LA persona che sceglierò. Basta questo. Non mi sembra poco, comunque.
Quindi quest'anno dentro l'uovo pasquale non ho trovato la solita sorpresa di plastica, come quando ero piccolo. Penso di aver trovato dell'altro, un po' di convinzione e un pizzico di lucidità in merito a quello che voglio fare nel futuro immediato: mi dedicherò anima e corpo per riuscirci, anche se in certi frangenti mi sento ancora un po' fragile, un po' "malato di cuore" perchè, in fondo, mi sa che sono fatto così e "non puoi cambiare il tuo stampo", come dicevano i Verve.
Ora sento che dentro di me c'è tanto, tanto disincanto per non trovarmi, fra qualche giorno, ancora una volta con il culo per terra, con il carbone fra le mani e tanta sabbia nel cervello. E
mi rendo conto di essere
un po' di diffidente in questi giorni, anche se in realtà non vorrei perchè la mia indole è altra. Ma l' istinto di autoconservazione ora è impostato su "ON".
Si sa: certe botte, certe ferite necessitano un tot di tempo per.
Però di una cosa sono certo: guarirò.


"Evolvendo", Rabarama, 2006. Bronzo dipinto.

giovedì 1 aprile 2010

Con una luna così...

C'è una cosa un po' particolare, una strana sensazione che sento dentro ogni volta che mi ritrovo face to face al blog, di fronte ad un nuovo post ancora bianco in attesa di essere riempito con qualche parola. Non è la famigerata "ansia da prestazione", non sono a quei livelli sia per quanto concerne il mio tipo di scrittura che di popolarità, ovviamente. Anche perchè ormai sono un grafomane all'ultimo stadio, come dice la mia migliore amica, quindi ci dovrei aver fatto il callo.
E' solo che anche questa sera mi verrebbe da scrivere d'altre cose.
Mi verrebbe da parlare della giornata trascorsa, di quel che porto dentro ormai da un tot.
Di questa testa appesantita e rantolante che.
Di questo cuore pure pulsa ma.
Poi invece accade qualcosa o noto qualcosa che.
Tanto poi son cose che si sanno già, quindi.
Giusto qualche minuto fa stavo rincasando dal centro, dopo l'ennesima pinta di Guinness come da un po' di tempo capita durante la settimana. Ecco, preciso che non è che abbia problemi con l'alcol: lo dico con il sorriso, tanto da fugare ogni dubbio. Nessun problema: piuttosto io la chiamerei "affinità elettiva". Qui pesano come macigni sul piatto della bilancia i cinque anni trascorsi in quel di Venezia. Occhei, torniamo a noi. Era così, tanto per mettere i puntini sulle i. Sia mai che.
Mentre stavo per entrare in casa mi sono soffermato un po' nel cortile, ho indugiato per qualche minuto. Non mi andava di entrare in casa. Meglio star fuori con una luna così. Lei è là. Candida, solitaria. Ha ispirato poeti e cantanti. Si dice che ispiri pure l'umore dell'uomo e il loro destino, oltre che alle maree. Che faccia un sacco di cose un po' magiche insomma. Ma se ne sta lassù. Bianca, solitaria e, nonostante tutto, anche lei ha il suo lato nascosto, un po' come accade per le persone: ognuno di noi ha lato oscuro, un mistero o un segreto nascosto in fin dei conti.
Ecco.
Sento la mente che inizia a riempirsi di tante sensazioni, di emozioni, ricordi ed anche qualche domanda, giusto per non farmi mancare nulla. Però un'atmosfera del genere, con la luce della luna che illumina quasi a giorno, non la si può rovinare così, per colpa della tristemente nota "sabbia" che ogni tanto torna a farsi sentire. No. Quindi non mi resta che sedermi su un freddo gradino in cemento della scala e restare per un po' lì, così magari a certe cose non ci penso.
Mi infilo le cuffie dell'iPod.
Stasera mi sa che quei ricordi restano lì dove sono.
"..quel che è stato è già passato e mo' il passato se lo tiene..."
Lo schermo del lettore si accede, il mio pollice scivola velocemente sulla ghiera.
Scelgo la canzone e finalmente premo Play.
Stasera va così.
Un po' come ha detto Neil Armstrong nel 1969.
"Houston, Tranquillity Base here. The Eagle has landed."



PS. Chiedo scusa ma anche questa volta niente commenti, portate pazienza. Credo che faccia più rumore chi sta zitto.