mercoledì 21 marzo 2012

Stage 3: La canzone che ti ricorda un luogo

No è che vorrei il dono della sintesi.
Vorrei poter scrivere di meno, meno parole da digitare su 'sta tastiera e più significati, più contenuti.
Io ogni volta ci provo, ma i risultati sono sotto gli occhi di chi legge.
Sembra che non riesca a fare a meno di scrivere o annotare certe sfumature, perennemente insoddisfatto di quello che riesco a scrivere, di queste quattro frasi che infilo la notte.
Il solito vizio da grafomane all'ultimo stadio come diceva sempre M.
Eh sì.
Ma questa volta la musica mi semplifica il compito.
La canzone che ho scelto ha una valenza particolare.
Sì perchè ancora adesso se chiudo gli occhi e sento le prime note della canzone rivedo in quel luogo.
Due anni fa, più o meno.
Estate. Quasi sera.
La luce virava su un caldo color arancio.
La luce virava su un caldo color arancio e l'aria si rinfrescava un po' dandoci qualche grado centigrado di tregua.
La luce virava su un caldo color arancio e l'aria si rinfrescava un po' dandoci qualche grado centigrado di tregua e questa canzone.
La cantava una persona a cui ero e sono tuttora molto affezionato.
Lei che è diventata una delle mie sorelle, lei che sapeva tutto di me, dei miei casini e dei miei amori.
Lei che sì che aveva il dono della sintesi, a ben pensarci.
Lei che aveva letto un pezzo di me.
Alla chitarra la accompagnava un altro amico conosciuto durante quell'avventura, una grande persona e un grande amico, uno che con la chitarra sa il fatto suo e ci mette il cuore quando pizzica quelle corde.
Ecco.
Loro due, elegantemente stretti in un vestito nero, una chitarra, un microfono.
E questa canzone.
Questa canzone che sembrava calzare a pennello per me, che ricalcava quello che stavo provando solo qualche giorno prima.
E io ero a qualche metro da loro due, con il mio bicchiere ghiacciato, appoggiato ad una colonna e lo sguardo rivolto verso il mare, idealmente verso casa, anche se il mio concetto di "casa" mi evocava sentimenti contrastanti.
Io che ripensavo alla strada percorsa per arrivare fino a quella colonna, lì, in quel posto, ora.
Io che ripensavo agli ultimi mesi e a fatica trattenevo dentro parole, pensieri e, perchè no, qualche lacrima.
C'era un che di introspettivo in tutta questa scena, sotto molti punti di vista.
Perchè l'aria sapeva di cambiamento, di maturazione e di novità.

I'm gonna make a change, for once in my life.
It's gonna feel real good, gonna make a difference, gonna make it right.


Ecco perchè questa canzone ha un certo significato per me.
Perchè proprio quel luogo (...) e quella canzone m'hanno insegnato che ci sono cose più importanti di star seduti e voltarsi a guardare indietro rimuginando sul passato.
Ecco.
Una di queste è andare avanti.
Andare avanti.
Un bel concetto, chiaro e semplice, sintetizzato in due parole.
A proposito di sintesi: a giudicare tutte le parole che ho infilato fin qui, è proprio come dicevo all'inizio del post.
Io ogni volta ci provo ma mi sa che non mi riesce più di tanto.

PS.
Questo post lo dedico a colei che cantava questa canzone.
Lo dedico a mia sorella Miky. 
Sono passati due anni da quando ci siamo conosciuti. 
Ed è sempre il primo giorno.
Ti voglio bene.






martedì 13 marzo 2012

Stage 2: La canzone che ti ricorda qualcuno

Secondo step, seconda tappa di questo viaggio per iscritto, digitato un po' frettolosamente su questi tasti scuri e composto tutto d'un fiato la sera, giusto prima di dormire almeno qualche ora.
Se il post precedente era il grimaldello, la chiave per entrare e per scavare un po' dentro questi miei settantanove chili, queste nuove righe entrano a gamba tesa sul mio passato.
Sì insomma come commettere un'entrata da rossodiretto in una partita di calcio.
Sono quelle cazzate che poi si pagano.
Inutile protestare, quel pezzo di plastica rossa che sventola davanti al tuo muso è il segnale inequivocabile che devi abbandonare il terreno di gioco.
E sì, lo so, lo puoi pure mandare affanc**o quel signore con quella divisa fluorescente che ti invita ad uscire ma la sostanza non cambia.
Rosso. Sei fuori, ora la partita non la giochi ma la guardi.
Ecco, a volte il gioco del calcio (e lo sport in generale) ha dei risvolti che, visti con occhio attento, sono pezzi di vita, sono regole lapidarie e sintetiche di una esattezza molto più che geometrica a tal punto che, se ci penso, mi stupisco ancora oggi.
Il cartellino rosso, l'espulsione, la fine del gioco.
Perchè se è vero che su alcuni errori si può mettere una pezza, su altre decisioni, beh, una volta prese hai espresso la tua volontà, hai dato sfogo ai tuoi pensieri e di tornare indietro proprio non se ne parla.
Quando mi son trovato a scegliere la canzone per questo post, la mia risposta è stata quasi immediata.
Troppo scontato parlare del presente, troppo facile scrivere di quello che il cuore fa vedere ora, per questo non lo faccio più con l'ignorante veemenza di qualche anno fa.
Mi vien da dire che sbagliando si impara e quindi certi errori tento di non commetterli.
Più complicato ma terribilmente più efficace pensare a qualche anno fa, quando tutto, a modo suo, ha avuto inizio. Quando la notte non dormivo, ronzavo per la casa con le cuffie ben calate sulle orecchie e mi tartassavo di domande di cui non avevo e non avrò mai le risposte.
Ecco quelle sere in loop nel mio iPod c'era questa canzone, con un titolo che è tutto un programma.

"La canzone non racconta di una persona in particolare." 
Ha dichiarato il cantante degli Incubus in un'intervista. 
"...Racconta di un mio breve periodo e delle mie esperienze con tutte le persone con cui son entrato in contatto durante la creazione di questo disco. In quel periodo avrei voluto qualcuno con cui condividere quei momenti."

Bravo Boyd, potrei sottoscrivere tutto, solo che io non stavo facendo un disco alternative rock intitolato "Morning view" ma stavo vivendo uno dei periodi più ingastriti della mia vita. Sì perchè la mia (me ne rendo conto solo ora) suonava più non tanto come una voglia di fare sharing, di condividere quanto una richiesta d'aiuto più o meno velata.
Già. Perchè era arrivato il cartellino rosso e d'improvviso da arbitro, quale son sempre stato, son passato ad essere il calciatore cacciato negli spogliatoi prima che la partita fosse conclusa.
Ero fuori dai giochi e non sapevo neppure il motivo.
E questa canzone mi ricorda sì qualcuno, non posso negarlo.
Mi ricorda lei.
Lei che in un sol colpo ha annullato il passato e contemporaneamente dissolto un futuro che sembrava dietro l'angolo.
Ma non voglio rivangare niente perchè credo che non stia a me giudicare circa l'esattezza o meno della decisione. Sono parte in causa e quindi il mio non sarebbe un giudizio imparziale e molto probabilmente non sarei nemmeno in grado di dare un giudizio molto lucido ancor'oggi.
E soprattutto perchè "quel che è stato è già passato e mo' il passato se lo tiene" tanto per citare il buon Neffa.
A modo suo lei ha fatto la sua scelta azzerando il tempo.
A modo suo lei, in quel preciso istante in cui ha deciso, è diventata eterna.

mercoledì 7 marzo 2012

Stage 1: La canzone che ti descrive

Dicono che le prime domande siano le più semplici. 
Fatte per mettere a proprio agio l'interlocutore.
Sì insomma, per rompere il ghiaccio.
Ecco, qui no...tanto per.
La prima domanda che mi son posto è riportata nel titolo del post.
La canzone che mi descrive.
Mica semplice. 
Mi tornano alla mente molti testi di canzoni e ovviamente ricordi ma ne devo scegliere una. That's the game!
Mi verrebbe da dire che, in fondo, sceglierne una è un'operazione quasi impossibile e assurda. Che 'sta cosa della musica, in fondo, mi complica la vita e m'inceppa lo scrivere qui.
Così resetto e riparto da zero...You must start from scratch, come si suol dire.
Aproparentesi. 
Mi fa sorridere pensare a quante volte sono partito da zero. Nella vita, nello studio, nell'amore. Cioè è sempre arrivato un punto in cui la misura era colma e dovevo stoppare tutto. Beh sì l'immaturità galoppante del sottoscritto l'ha fomentata un po' questa cosa ma mi fa sorridere. Comunque. 
Chiudoparentesi.
Ecco. 
Se devo partire da zero, allora lo faccio per bene.
Allora torno ai tempi delle superiori, del mio lettore ciddì con l'antishock che faceva molto figo ma a pensarci bene era una parruccata tremenda, ai tempi dei ciddì masterizzati da amici e compagni.
Ai tempi di ascoltaquestoefattiunacultura.
Ho scelto questa canzone perchè è stata quella che mi ha fatto innamorare della musica, del rap e delle parole, obviously. Forse non è (o era...?) il rap mainstream italiano, non era il gangsta rap statunitense e nemmeno il rap francese, quello dei sobborghi e delle banlieueEra musica composta da gente con la fotta, tanto per usare un po' di slang che fa molto supergiovane. Ma niente storie di sparatorie o storie di violenza, come nel film "Do the right thing" di Spike Lee.
No, questa non è Harlem, non è il Bronx, non è Compton, non è Parigi o Lione.
E' il bel Paese. (...m'han detto)
Meglio parlare di ciò che ci circonda davvero, niente pose o manie d'oltreoceano.
E se ci sono, sono di contorno, di scena, come nei dischi di certe rock band con tanto di diavoli, demoni e seiseisei...fa parte del gioco della musica.
Ho scelto questa traccia, ho scelto come prima tappa di questo percorso il rap, questo rap perchè m'interessano molto il testo, la metrica e i contenuti.
Già dal titolo forse si intuisce.
Parla di rapporti, amici e ricordi, temi che, seppur molto inflazionati, a mio avviso raramente sono stati trattati con così tanta perizia e precisione.
E più l'ascolto, più mi ci specchio dentro.
Perchè mi rendo conto, anno dopo anno, di quanto vere siano quelle rime, anche se fa male ammetterlo.
Perchè le cose cambiano ed è inutile illudersi o cullarsi stringendo tra le braccia un vecchio ricordo.
Perchè è giusto gustarsi il momento, la compagnia e le risate con gli amici di una vita quando si può.
Pochi momenti, magari, ma buoni.
Pochi amici, certo, ma buoni.
Perchè il mondo cambia e pure le persone che vi ci sono incollate sopra a modo loro si evolvono, mutano, maturano, s'incastrano, volano, vivono. 
O forse, come dice il testo, perchè va così.


venerdì 2 marzo 2012

This is a journey into sound

"This is a journey into sound.
A journey which along the way will bring to you new colour, new dimension, new value."


Bella citazione, diventata successivamente un bel sample, usato dai Public Enemy prima e successivamente nella canzone "Paid in Full" di Erik B e Rakim del 1987.
Un signor pezzo, sicuramente una delle pietre miliari della musica rap, se consideriamo quanti samples conteneva e quanti sono tuttora usati nel 2012.
Cito questa frase come titolo perchè vorrei parlare un po' di musica nei prossimi post.
Perchè la musica per me non è mai stata un optional. 
Anzi.
Mi ha sempre accompagnato, guidato, fiancheggiato.
Per ogni evento, serata speciale o incontro, di quelli che tracciano un solco nella storia della tua vita, io c'ho sempre associato una canzone.
Come rafforzativo del ricordo.
Quasi a rendere più intensa l'esperienza.
La musica riesce ad arrivare dove non arrivano queste quattro parole che riesco a scrivere qui, questo è il punto.
Forse perchè, come dice un certo Johann Sebastian Bach 
"..La musica aiuta a non sentire dentro il silenzio che c'è fuori".