martedì 13 marzo 2012

Stage 2: La canzone che ti ricorda qualcuno

Secondo step, seconda tappa di questo viaggio per iscritto, digitato un po' frettolosamente su questi tasti scuri e composto tutto d'un fiato la sera, giusto prima di dormire almeno qualche ora.
Se il post precedente era il grimaldello, la chiave per entrare e per scavare un po' dentro questi miei settantanove chili, queste nuove righe entrano a gamba tesa sul mio passato.
Sì insomma come commettere un'entrata da rossodiretto in una partita di calcio.
Sono quelle cazzate che poi si pagano.
Inutile protestare, quel pezzo di plastica rossa che sventola davanti al tuo muso è il segnale inequivocabile che devi abbandonare il terreno di gioco.
E sì, lo so, lo puoi pure mandare affanc**o quel signore con quella divisa fluorescente che ti invita ad uscire ma la sostanza non cambia.
Rosso. Sei fuori, ora la partita non la giochi ma la guardi.
Ecco, a volte il gioco del calcio (e lo sport in generale) ha dei risvolti che, visti con occhio attento, sono pezzi di vita, sono regole lapidarie e sintetiche di una esattezza molto più che geometrica a tal punto che, se ci penso, mi stupisco ancora oggi.
Il cartellino rosso, l'espulsione, la fine del gioco.
Perchè se è vero che su alcuni errori si può mettere una pezza, su altre decisioni, beh, una volta prese hai espresso la tua volontà, hai dato sfogo ai tuoi pensieri e di tornare indietro proprio non se ne parla.
Quando mi son trovato a scegliere la canzone per questo post, la mia risposta è stata quasi immediata.
Troppo scontato parlare del presente, troppo facile scrivere di quello che il cuore fa vedere ora, per questo non lo faccio più con l'ignorante veemenza di qualche anno fa.
Mi vien da dire che sbagliando si impara e quindi certi errori tento di non commetterli.
Più complicato ma terribilmente più efficace pensare a qualche anno fa, quando tutto, a modo suo, ha avuto inizio. Quando la notte non dormivo, ronzavo per la casa con le cuffie ben calate sulle orecchie e mi tartassavo di domande di cui non avevo e non avrò mai le risposte.
Ecco quelle sere in loop nel mio iPod c'era questa canzone, con un titolo che è tutto un programma.

"La canzone non racconta di una persona in particolare." 
Ha dichiarato il cantante degli Incubus in un'intervista. 
"...Racconta di un mio breve periodo e delle mie esperienze con tutte le persone con cui son entrato in contatto durante la creazione di questo disco. In quel periodo avrei voluto qualcuno con cui condividere quei momenti."

Bravo Boyd, potrei sottoscrivere tutto, solo che io non stavo facendo un disco alternative rock intitolato "Morning view" ma stavo vivendo uno dei periodi più ingastriti della mia vita. Sì perchè la mia (me ne rendo conto solo ora) suonava più non tanto come una voglia di fare sharing, di condividere quanto una richiesta d'aiuto più o meno velata.
Già. Perchè era arrivato il cartellino rosso e d'improvviso da arbitro, quale son sempre stato, son passato ad essere il calciatore cacciato negli spogliatoi prima che la partita fosse conclusa.
Ero fuori dai giochi e non sapevo neppure il motivo.
E questa canzone mi ricorda sì qualcuno, non posso negarlo.
Mi ricorda lei.
Lei che in un sol colpo ha annullato il passato e contemporaneamente dissolto un futuro che sembrava dietro l'angolo.
Ma non voglio rivangare niente perchè credo che non stia a me giudicare circa l'esattezza o meno della decisione. Sono parte in causa e quindi il mio non sarebbe un giudizio imparziale e molto probabilmente non sarei nemmeno in grado di dare un giudizio molto lucido ancor'oggi.
E soprattutto perchè "quel che è stato è già passato e mo' il passato se lo tiene" tanto per citare il buon Neffa.
A modo suo lei ha fatto la sua scelta azzerando il tempo.
A modo suo lei, in quel preciso istante in cui ha deciso, è diventata eterna.

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