giovedì 11 febbraio 2010

f.f.f.

A dire la verità quando ho iniziato a scrivere questo post volevo parlare d'altro, di sentimenti come sempre, di una persona speciale, ma poi si sa, troppe attenzioni sono piacevoli ma volte destabilizzano, nel senso buono del termine, soprattutto se in precedenza era la persona speciale a fare queste cose piuttosto che riceverle. Strana la vita eh? A qualcuno le orecchie fischiano già!
Quindi mi metto a sfogliare vecchie carte, disegni, appunti, esami universitari e ricordi di quella vita veneziana vissuta velocemente, sempre alla ricerca di un equilibrio fra i mille impegni di un giovane ventenne che lascia la città per la laguna. E mi ricordo che molte volte mi sembrava di non avere il tempo per far nulla di più, mi prendeva quel senso di ignavia, proprio come i dannati che il Sommo Poeta trova nei gironi infernali (non chiedetemi in quale girone che qui si rischia uno scivolone letterario bello e buono): se non vado errato, gli ignavi erano coloro che nella vita si sono sempre adeguati alle situazioni, senza avere idee proprie.
"Mancanza di volontà e di forza morale" suggerisce il buon caro dizionario Devoto-Oli. Ecco a volte mi sentivo così. Chiusa la parentesi veneziana, vengo al dunque.
Annaspo fra i vecchi appunti e mi ritrovo in mano una foto che ho fatto io, proprio in quei giorni. Più che una foto è una stampa in A4, l'originale è nel PC visto che l'ho fatta con la mia digitale marcia. Non è di Venice, non ci sono io, apparentemente non significa nulla. E' la foto di un peperone. Sì io che odio i peperoni (chi mi conosce lo sa) ho fotografato un peperone.
Poi mi ricordo il perchè di quella foto. Era per l'esame di storia della fotografia. E come mi capita spesso, mi sono accorto solo a distanza di tempo di quanto quel corso mi abbia dato, in termini di comprensione della realtà, d'ispirazione, di conoscenze.
L’esercitazione proposta dal docente consisteva nello scattare alcune immagini basandoci sui principi e sui soggetti rappresentati da un fotografo a nostra scelta: io scelsi di rifarmi al fotografo statunitense Edward Weston. Perchè proprio a lui? Mancanza di idee? No. Per comodità? Forse. Per il suo approccio alla fotografia? Ecco, penso di sì. Perchè per chi come me ha studiato architettura, la fotografia diviene uno strumento d'indagine, assimilabile al disegno, in cui la comprensione visiva e spaziale è affidata allo scatto e questo, al di là della meccanicità del gesto, è in realtà un percorso di conoscenza, di interpretazione critica del mondo che ci circonda.
E la vita e soprattutto le foto di Weston ne sono la prova tangibile.
Per lo più sono foto astratte ma l'astrazione tipica di quelle fotografie non implica una perdita di realtà, ma un'estrazione (dall'inglese "abstract": estrarre), una concentrazione di elementi comuni nella tensione verso un valore universale della forma, e quindi della vita. Perché per Weston la forza della vita è racchiusa nella forma. Con la strategia condensata nella sigla "f. f. f." ("form follows function", la forma segue la funzione), tentò di esprimere la vita nella sua totalità: ovvero che la natura offre già forme create e selezionate,"ready to use", pronte per essere colte dall'intuizione dell'artista o di chiunque di noi.
La macchina fotografica, quindi, agendo come una specie di microscopio, permette alla cosa in se stessa di rivelarsi più di quanto l'occhio umano possa vedere. Ma la rivelazione non è, secondo Weston, un'interpretazione dell'artista, che sarebbe un'imposizione deviante della sua personalità, né il riflesso di un simbolismo, quanto l'unione spontanea e necessaria del porsi della cosa, sempre elusivo e talora irripetibile, con la percezione dell'artista e la prontezza della sua tecnica coordinata alla percezione.
Perchè ho scritto tutto questo? Beh perchè in fondo io, a queste cose, ci credo davvero.
Credo che esistano delle forme "ready to use" in molti aspetti della nostra vita, sta a noi coglierle.
Con o senza la macchina fotografica, non importa.
Conta la nostra predisposizione a cogliere certe forme, a capire certe sfumature, a capire cosa importa davvero per noi in quel momento.
Non sono amante delle affermazioni latine ma questa sembra riassumere un po' tutto il discorso, dai tempi in quel di Venice fino alla fotografia di Weston. Dal nostro a chi ha avuto la forza di leggersi tutto sto papiro.
Da Davide a ...
"Carpe diem, quam minimum credula postero".
Vivi il presente non pensando al futuro.

:)


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